Mia amata Yuriko by Antonietta Pastore

Mia amata Yuriko by Antonietta Pastore

autore:Antonietta Pastore [Pastore, Antonietta]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788858421581
editore: Einaudi
pubblicato: 2016-03-17T04:00:00+00:00


Qualche giorno dopo andai a casa dei miei suoceri, come facevo ogni venerdí pomeriggio: abitando in campagna, era lí che davo di solito le lezioni private.

Arrivai una mezz’oretta prima del solito, e Misako non era in casa. Quando entrai nel vestibolo e chiesi permesso, visto che nessuno veniva ad accogliermi, ne dedussi che doveva esserci solo mio suocero. Lo trovai infatti nel soggiorno, seduto a gambe incrociate, in kimono, un giornale aperto sui tatami davanti a sé. Con i suoi novanta e passa chili, occupava un notevole spazio. Al suo solito, rispose al mio «buongiorno» in modo burbero, borbottando qualcosa di incomprensibile. Ma ormai sapevo bene che questo suo atteggiamento, dovuto solo alla sua inguaribile ritrosia, mascherava un’indole buona e generosa.

Il televisore acceso trasmetteva un notiziario al quale non sembrava prestare attenzione.

– La mamma è uscita? – chiesi entrando e sedendomi davanti all’apparecchio.

– Sí, – fece lui senza alzare gli occhi dal giornale, – ma dovrebbe tornare fra poco.

Non replicai, cercavo di capire cosa stesse dicendo il presentatore: il telegiornale era la cosa piú difficile da comprendere, per me.

– Com’è andato il viaggio? – chiese Takao dopo un po’.

– Bene. Benissimo, – risposi.

– Non ti sei annoiata?

– No, perché? Al contrario, – protestai voltando solo la testa verso di lui. – E poi ho mangiato benissimo, – dissi tornando a guardare lo schermo.

– Questo non lo metto in dubbio.

Sentii che girava le pagine del giornale.

– E mio cognato come l’hai trovato? – chiese dopo un po’.

– Gentile.

– Di’ la verità. La mamma mi ha detto che è stato piuttosto sgradevole.

– No, è che abbiamo parlato della guerra, e lui…

– Figuriamoci se non portava il discorso sulla guerra.

A quel punto rinunciai a seguire il telegiornale e mi voltai verso Takao.

– Be’, ma non mi è parso un fanatico, – dissi.

– No? – fece Takao sollevando di poco la testa e guardandomi al di sopra degli occhiali. – Lo erano tutti, e lui non faceva eccezione.

– Ah.

– Quella guerra folle.

Tacqui. Non potevo che concordare con lui.

Vedendo che non rispondevo, Takao tornò al suo giornale, io allo schermo del televisore.

– Follia pura, da una parte e dall’altra, – riprese però lui poco dopo.

Evidentemente aveva voglia di parlare, cosa molto insolita per lui.

– Da una parte e dall’altra? – domandai.

– Sí. Noi per esserci lanciati in un’impresa scellerata, ma anche loro, per aver sganciato quelle maledette bombe.

– Già. Ho visto le immagini, al Museo della Pace, – dissi abbassando lo sguardo.

– Dev’essere stato uno shock, per te.

– Be’, sí, non lo nego.

– La cosa imperdonabile è che non erano nemmeno necessarie.

– Cosa vuoi dire?

– Non erano necessarie, quelle due bombe, per porre fine alla guerra –. Parlando, mio suocero continuava a scorrere con gli occhi le pagine del giornale. – Noi praticamente l’avevamo già persa. Il paese era allo stremo, la nostra difesa contraerea era del tutto inefficace, non avevamo piú né carburante, né cibo, né nulla… La gente moriva di fame.

– Sí, questo l’ho letto.

– Infatti già in primavera avevamo fatto proposte di resa.



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