Mitologia femminista by Chiara Bottici

Mitologia femminista by Chiara Bottici

autore:Chiara Bottici [Bottici, Chiara]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Castelvecchi
pubblicato: 2022-02-22T23:00:00+00:00


II

Il gilet

Nel nome del Padre, del Figlio

e dello Spirito Santo

«Perché devi andare?».

«Qualcuno deve pur farlo…».

«Ma perché proprio te?».

«È un tiranno, e adesso abbiamo finalmente la possibilità di liberarcene».

«Sì vabbene, è un po’ dispotico, certo, ma ha pure fatto tante buone cose per noi, non credi? Ci ha protetti, si è preso cura dei nostri bisogni».

«Già, ma con quella scusa si è anche fagocitato la nostra libertà: ha dato un nome ad ogni cosa, e noi, adesso, possiamo solo sottostare al suo Ordine».

«Forse potremmo allora cominciare col dare alle cose un nome diverso».

«Ci abbiamo già provato, ma abbiamo fallito: non ha tollerato che nulla venisse chiamato altrimenti che con il nome che gli aveva dato lui».

«Ma perché devi essere proprio te a fare la parte dell’eroe? Non puoi lasciare il posto a qualcun altro?».

«Finché non ce ne libereremo, non ci sarà vita per nessuno in questo paese, neanche per noi due».

«E io quando ti rivedrò?».

«Quando il tiranno sarà morto e noi potremmo finalmente goderci la nostra libertà».

«Libertà! Libertà! Ma cosa vuol dire in fondo essere liberi? Ecco, guarda, non lo siamo forse io e te, qui in questa stanza? Siamo qui, possiamo uscire, rientrare, fare tutto quello che vogliamo. Io sono libera di alzare questo braccio, fare una piroetta, e poi un passo in questa direzione, e poi un altro in quella opposta: non sono forse libera?».

«No, mi dispiace, non lo sei: quella è solo assenza di impedimenti. Se la libertà fosse tutta lì non sarebbe molto diversa da quella di un girarrosto, che, una volta programmato, è libero di muoversi, se non incontra ostacoli».

«E cos’altro sarebbe allora questa libertà di cui vi riempite tanto la bocca? Ecco: sono anche libera di gettarmi nelle tue braccia e baciarti, vedi, che altro vuoi?» disse abbandonandosi maliziosamente sul corpo dell’amante.

«Chiamare le cose con il proprio nome» ribatté lui, scostandosi pensieroso.

«E sarebbe per questo che io dovrei rinunciare a te oggi? Per la libertà di parola? Per poter chiamare le cose come si vuole?».

«No, non si tratta di dare alle cose un nome qualsiasi, si tratta di potergli dare il nome che gli spetta».

«E quale sarebbe allora il nome che gli spetta? Chi lo decide, scusa, voi uomini?».

«No, appunto: dobbiamo deciderlo insieme. E finché non saremo in grado di farlo, vivremo sempre nel Suo Nome».

«Ma chi se ne frega! Mica stiamo così male in fondo?».

«Forse no, ma non mi è neanche possibile di averti veramente, capisci, il Suo Ordine: tutto avviene all’insegna di quello!».

«E quando finirà questa guerra? Quando potrò rivederti?».

«Quando potrai chiamarmi con il mio vero nome».

«Ma cosa vuoi dire? Io lo so benissimo come ti chiami! Sta scritto qui, sul campanello della porta, nella patente di guida…».

«No! Quello non è il mio vero nome: quello è il nome che mi è stato dato!».

«Ma io non capisco più nulla e sono così confusa, con tutti questi discorsi strani…».

«Non è vero, capisci, lo so che capisci: si vede dai tuoi occhi: sono troppo vispi. Quello non è lo sguardo di una che non capisce».

«E cosa facciamo nel frattempo?».



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