Moll Flanders by Daniel Defoe

Moll Flanders by Daniel Defoe

autore:Daniel Defoe [Defoe, Daniel]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2011-12-15T07:44:12+00:00


Vidi che aveva fretta, e io non avevo certo convenienza a fermarla; così se ne andò, e io portai tranquillamente il mio fagotto a casa della governante. Nel fagotto non c’erano nè soldi, nè argenteria, nè gioielli, ma c’erano un abito molto bello di damasco indiano, una gonna e una sottoveste, una cuffia guarnita di merletti di Fiandra molto belli, e una certa quantità di lino e altra roba, e di tutto si poteva calcolare facilmente il valore.

Non era stata un’invenzione mia, me l’aveva passata una tale che l’aveva già provata con successo, e alla mia governante piacque moltissimo; e per la verità io provai varie altre volte, mai però due volte nello stesso posto; la volta seguente provai in Whitechapel, all’angolo di Petticoat Lane, dove si fermano le carrozze dirette a Stratford, a Bow e da quella parte del paese; un’altra volta provai al Cavallo Volante, fuori Bishopsgate, dove fermavano allora le carrozze per Cheston; ed ebbi sempre la fortuna di venirmene via con un bottino.

Un’altra volta mi piazzai vicino a un magazzino sul fiume dove arrivavano le barche costiere del nord, da posti come Newcastle sul Tyne, Sunderland, e altri. Lì, siccome il magazzino era chiuso, arrivò un giovane con una lettera; voleva una cassa e un paniere che dovevano giungere da Newcastle sul Tyne. Io gli domandai se aveva i documenti; lui così mi fece vedere la lettera, in virtù della quale era autorizzato a chieder quella roba, e nella quale si accennava anche al contenuto: la cassa era piena di lino e il paniere conteneva cristalleria. Io lessi la lettera, ed ebbi cura di osservare il nome, i bolli, il nome della persona che mandava la merce e il nome della persona alla quale era indirizzata; poi dissi al messaggero di ripassare la mattina dopo, perchè per quella sera il magazziniere non tornava più.

Filai via e, procuratomi l’occorrente in un locale pubblico, scrissi una lettera da parte del signor John Richardson al suo caro cugino Jemmy Cole, di Londra, con la nota di quel che aveva spedito per mezzo della tale barca (avevo infatti tenuto a memoria i minimi particolari): tante pezze di lino, tante misure di tela d’Olanda, e così via, in una cassa, e un paniere di vetri soffiati della cristalleria del signor Henzill; e la cassa era contrassegnata con le iniziali J. C. e il numero 1, mentre il paniere aveva un cartellino con l’indirizzo fissato ai legacci.

Un’oretta più tardi, tornai al magazzino, trovai il magazziniere, e mi feci consegnare la roba senza nessuna complicazione; il valore del lino era di circa ventidue sterline.

Potrei riempire tutto questo racconto con una gran varietà di imprese di quel tipo, perchè ogni giorno ne inventavo una nuova, e le compivo con la maggiore bravura, e sempre con successo.

Alla fine (non si dice forse che tanto va la brocca al pozzo che ritorna a casa rotta?) mi ficcai in certi piccoli guai, che anche se non poterono riuscirmi fatali servirono tuttavia a farmi conoscere, e questa era la cosa peggiore che mi potesse capitare, quasi come esser pescata.



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