Morimondo by Paolo Rumiz

Morimondo by Paolo Rumiz

autore:Paolo Rumiz
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2013-06-19T16:00:00+00:00


Parte quarta

Pesci mai visti

Non fu cosa facile schiodare la barca da Isola Serafini. C’era sempre un’ottima ragione per rinviare. Dopo gli aneddoti di Annibale Volpi e la caccia ai torturatori di cigni, ci si mise di mezzo anche l’oste Valentino Cattivelli, che scaricava bottiglie di minerale davanti alla sua trattoria, oltre il ponte. “Da qualche parte dovrete pur mangiare,” buttò lì con ruvida noncuranza dopo aver visto l’acrobatico trasbordo da lontano. Subito suo genero Luca sbucò dalla cucina con un culatello in braccio, che coccolò “come un bambino,” disse, “che aspetta da due anni di essere mangiato”, e fece imbandire una tavola per sei nella saletta in fondo. E pazienza il culatello, perché ci venne teso un agguato anche di anguilla marinata, asparagi e cipolla rossa. Fu, inutile dire, un pranzo memorabile, cui non si sottrassero né il comandante né Valentina, strappati al loro oltranzismo barcaiolo da un’offensiva di sapori padani. “Navigare necesse est,” avevano detto; salvo ovviamente in caso di scorpacciata.

“Tutto è cominciato una quarantina d’anni fa, quando un mattino abbiamo trovato nelle nasse un pesce mai visto prima. È stato allora che abbiamo capito che il vecchio fiume stava cambiando, diventava un’altra cosa.” A tavola, tra un Nebbiolo e un asparago, Annibale ci descrisse minuziosamente l’apocalisse di cui era stato testimone. E lo fece con surreale allegria, come se sapesse in anticipo che la natura, in un modo o nell’altro, si sarebbe rifatta sull’uomo ristabilendo a suo vantaggio gli equilibri. “Il pesce,” continuò, “aveva un grugno così ed era grosso. Ci era parso una specie di pesce gatto, poi pensammo a una bottatrice. Per mesi non si parlò d’altro nella Bassa. Solo dopo due-tre anni ci è apparso chiaro che quello era un siluro. Una creatura aliena, capace di raggiungere dimensioni enormi, e di mangiarsi anche le anatre e le nutrie.”

“Ma come è arrivato?” gli chiese Valentina.

“È successo che i pescatori padani l’avevano immesso nel fiume perché avevano fiutato in anticipo che l’inquinamento avrebbe sterminato le specie locali. E poi non gli sembrava vero, a quelli lì, di avere una bestia da cento chili da mostrare agli amici nelle foto. È come per i cinghiali che stanno distruggendo le campagne. Li hanno portati i cacciatori. Difatti non sono quelli nostri. Quelli sono giganti portati dall’Ungheria.” Ghignava, l’Annibale, narrando la mutazione planetaria.

Il vecchio Cattivelli si sedette a tavola con la ciurma ed evocò le spettacolari pescate dei bei tempi, quintalate di anguille e guizzante paranza di fiume, e le epiche fritture di carpe e di tinche. Oggi le sue meraviglie mangerecce Valentino doveva cercarsele altrove, tra gli agricoltori del biologico o i salumieri d’élite.

“Ma l’acqua è più sporca o più pulita rispetto a vent’anni fa?” chiese Valentina, asserendo di avere incontrato, da Saluzzo in giù, un fiume assai migliore del previsto.

“Alla vista è più pulita,” intervenne Volpi, “ma non è lo sporco il problema. A me fa paura la chimica. Una volta i ciottoli erano verdastri, oggi sono diventati bianchi. Non si sa bene cosa succede. L’acqua è vulnerabile, alla mercé della nostra coscienza.



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