Nient'altro che ossa by Brian Panowich

Nient'altro che ossa by Brian Panowich

autore:Brian Panowich [Panowich, Brian]
La lingua: ita
Format: epub
editore: NN Editore
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


capitolo trentasei

L’interno del furgoncino era completamente vuoto, ridotto alla struttura di metallo spoglia. Niente sedili posteriori. Niente tappezzeria. Nessuno strumento o carico. Nessuna decorazione. Non c’era nemmeno una console centrale in mezzo ai due sedili anatomici anteriori, soltanto un frigorifero portatile fissato alla bell’e meglio al sedile del guidatore con grosse funi elastiche. L’uomo al volante era magro e indossava una maglietta bianca e un gilè nero di pelle con sopra varie toppe, ma Nails non riuscì a distinguerne nessuna al buio. I capelli erano neri e arruffati, la pelle liscia, ma l’elemento più riconoscibile erano senza dubbio i baffi brizzolati, tagliati e modellati con la cera a formare un manubrio. Nails non riusciva a non fissarli. Quei baffi erano un cazzo di capolavoro. L’autista gli porse una mano con anelli d’argento su quasi ogni dito. «Pinkerton Sayles. Ma quasi tutti mi chiamano Pinky».

Nails gli strinse la mano, che gli diede la sensazione di una foglia di lattuga appassita, ma lui non si scompose. «Nails» disse allacciandosi la cintura. Non riusciva a smettere di guardare i peli così ben curati che scendevano dal labbro superiore di Pinky. «Mi ricordi qualcuno».

Pinky gli lanciò un’occhiata di sbieco. «Sì, queste cazzate me le dicono di continuo. Sam Elliott, vero? Per via dei baffi. Non mi dispiace somigliare a una stella del cinema, ma vorrei avere i suoi soldi. Capisci cosa intendo?».

Nails non sapeva chi fosse Sam Elliott. «No» disse. «Somigli al Sam dei cartoni animati».

«Il Sam dei cartoni animati?».

«Esatto, Yosemite Sam».

Nails non capì se Pinky lo prendesse come un complimento, ma in ogni caso ci rise su. «Cazzo. Questa non l’avevo mai sentita, ma devo dire che se mi tingessi questi stronzi di rosso gli somiglierei di sicuro».

Da quel momento, percorsero l’interstatale in un silenzio imbarazzato. Poi Pinky prese un’uscita e si fermò a un semaforo rosso.

«Dove andiamo?».

«Al club».

«Quale club?».

«Un bar di proprietà di Oscar».

«Chi è Oscar?».

Pinky era confuso. Quando il semaforo diventò verde, svoltò tutto a destra. «Oscar Wilcombe. L’uomo che ha organizzato questo incontro».

«Giusto. Wilcombe. Il tipo che parla tutto raffinato».

Pinky rise di nuovo. «Sì, è lui».

«Ci sarà anche lui al club?».

«No, queste cazzate le lascia gestire a Bracken e a noialtri».

«Chi è Bracken?».

«Andiamo. Presto lo scoprirai».

Pinky rallentò ed entrò in un parcheggio davanti a un edificio di cemento grigio chiaro, accanto a un piccolo negozio di alcolici con le sbarre di sicurezza alle finestre e alle porte. Dai finestrini del furgoncino, Nails vedeva un’insegna al neon della Miller Lite lampeggiare su una finestra sopra la porta d’ingresso del bar, ma non c’erano altre indicazioni di che tipo di locale potesse essere. Passò lentamente le dita sulla .45 che teneva nella tasca del giubbotto per sentirsi un po’ più al sicuro. Se stava per finire in una sorta di imboscata, aveva almeno la possibilità di combattere. Guardando quel cubo di merda in mezzo al nulla si sentì rassicurato per aver lasciato Dallas al motel. Tutta quella situazione gli puzzava.

C’erano tre motociclette nero opaco parcheggiate fuori dal bar, accanto a qualche altra macchina.



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