La recluta by Alan Drew

La recluta by Alan Drew

autore:Alan Drew
La lingua: ita
Format: epub
editore: SEM


12

Natasha notò la pelle scolorita sulle guance di Linh. Sembrava che avesse pianto per ore, gli occhi rossi e gonfi, le narici arrossate.

«Non so con chi parlare» le aveva detto la ragazza al telefono, mezz’ora prima. Aveva un tono rabbioso e disperato, e così Natasha era uscita subito dall’ospedale, lasciando sulla scrivania due certificati di morte ancora incompleti.

Adesso erano sedute fuori nel sole del tardo pomeriggio, sotto una stufa a ombrello, al Blow Hole Café di Santa Elena. Natasha le teneva le mani, mentre Linh tentava di calmarsi. Le aveva già detto della storia con l’uomo sposato più grande di lei, un veterano del Vietnam, nientemeno, e Natasha si era sforzata di nascondere la sorpresa e la delusione. In che casino era andata a cacciarsi, fu tutto quello che riuscì a pensare. Ma poi si rimproverò. Chi voleva prendere in giro? L’amore era amore, se era di quello che si trattava. Il cuore non è razionale e segue le proprie leggi darwiniane.

«Quell’uomo ti ha picchiata?» chiese, indicando il livido.

«No.» I suoi occhi erano così limpidi che Natasha non dubitò che dicesse la verità.

Linh guardò la sua tazza di caffè, dalla quale non aveva bevuto nemmeno un sorso, e la usò per scaldarsi le mani.

«Mi sembra ancora irreale» disse. «Come se non fosse successo davvero. Ma poi mi guardo allo specchio.»

Non era difficile fare due più due, ma Natasha non riusciva a crederci.

«Tuo padre?» disse. «È stato lui a picchiarti?»

Linh la guardò e riprese a piangere. Erano lacrime di rabbia, un grido di ingiustizia subita.

«Oh, tesoro» disse Natasha. “Tesoro” era il termine affettuoso che usava a Camp Pendleton, tanti anni prima, quando giocava a dama con Linh bambina nel tendone dell’esercito. Era il termine che usava quando li aveva aiutati a trovare uno sponsor e a trasferirsi a Westminster. Provava un sentimento materno per lei, qualcosa che non aveva mai sentito prima. Era giovane anche lei, all’epoca, e l’intensità dei propri sentimenti, il bisogno che provava, la spaventava. Linh non era sua, e non lo sarebbe mai stata. E più tardi, quando si era iscritta a medicina e passava il tempo tra lo studio a tarda notte e l’internato di giorno, ad aprire cadaveri, scavando nella carne e trovando tutti i modi più facili per distruggerla, aveva lasciato andare Linh. Non c’era stata nessuna separazione drammatica, ma aveva iniziato a chiamarla meno spesso, le cene con la famiglia si erano distanziate di settimane, poi di mesi, e alla fine i Phan erano scomparsi dalla sua vita. Loro non l’avevano mai chiamata, non le avevano mai chiesto il motivo del suo allontanamento, e Natasha aveva interpretato quel silenzio come il segno che anche loro fossero passati a un altro capitolo della loro vita. Ma adesso era di nuovo lì a fare la mamma, o almeno la zia, per quella giovane donna che in realtà non conosceva più.

«Credevo che mi volesse troppo bene per picchiarmi» disse Linh.

«Ti vuole bene più di quanto immagini.»

Avrebbe voluto aggiungere: “Per questo ti ha picchiata”. Ma non l’avrebbe mai detto.



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