NOVELLE di Ortensio Lando by Davide Canfora

NOVELLE di Ortensio Lando by Davide Canfora

autore:Davide Canfora [Canfora, Davide]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Edizioni di Pagina
pubblicato: 2012-03-21T23:00:00+00:00


11 adultero: Vitrio, nella penombra, giudica erroneamente che il figlio, il cui capo è coperto da un cappello, sia l’amante di Cillenia. È l’ultimo atto di una novella quasi interamente dedicata al motivo, decisamente umanistico, della relatività delle conoscenze umane e della difficoltà di riconoscere il vero.

Novella V

Nella seguente novella chiaramente si dimostra la vanità dell’astrologia e trattasi della divinatrice natura degli animali irragionevoli.

Messere Ugo da Santa Sofia, gentiluomo Veronese, molto dotto in tutte le discipline liberali e di cui era ferma e costante opinione che mai non fosse in quella città chi meglio di lui conoscesse la natura dei pianeti, le stelle fisse, l’erranti e finalmente tutti i corsi celesti, molte cose future annunciò a’ suoi cittadini: predisse la morte del re Roberto e predisse che il regno da una femmina retto sarebbe; disse di più che l’imperio dell’Unghero s’amplierebbe fino alla Grecia e toccherebbe i confini di Troia; predisse eziandio quella gran mortalità che cominciò nel 1348 e tanto danno fece, quanto mai peste alcuna facesse1. Che più? Fu sì grande per ogni parte d’Europa la costui fama, che non v’era signore alcuno che per lui non mandasse e ’l suo consiglio non prendesse. Credevasi costui di non poter giamai errare nel giudicar le cose che hanno a venire.

Ora occorse che, nel tempo che ’l grano si raccoglie, egli n’andò alla villa, tanto era lo spasso che egli ricevea veggendo battere in su l’aia il grano, quando un antico villano suo vicino molto bene adagiato2, il quale per essere d’una delle gambe storpiato cavalcava del continuo un bellissimo asino, venne alle case di messer Ugo per visitarlo e subitamente gli disse: «Messere, se avete caro cotesto grano, fatelo tosto riporre, perciò che non passerà un’ora, che vi parrà che ’l cielo per gran pioggia voglia cadere». Ugo gli dimanda per qual segno abbia ciò compreso, pensandosi che ’l villano avesse veduto nell’aria alcuna nuvoletta, e alzato il viso guatava d’ogni intorno e, diligentemente ogni cosa contemplando, s’advide essere il cielo tutto bello, il sole temperato, il monte netto da nuvoli; et appresso s’accorse che l’austro nel soffiare era dolcissimo e comminciò attentamente a considerare in qual segno fosse il sole et in qual grado, che cosa stesse nel mezzo del cielo e qual segno stessegli per dritta linea opposto; né potendo in verun modo conoscere che pioggia dovesse dal cielo cadere, al villano rivolto disse con ira e con isdegno: «Dio e la natura potrebbono far piovere, ma la natura sola non lo potrebbe fare».

Molte parole ebbero insieme di questo fatto. Voleva pure Ugo sapere per qual ragione avesse ciò predetto. Il villano non si muoveva punto dalla sua opinione, ma pertinacemente affermava che così adverrebbe come predetto aveva et a messer Ugo ripeteva che s’affrettasse, perché già gli pareva vedere la sopravegnente pioggia, la quale non solo avrebbe fatto danno alla messe, ma averebbe atterrato gli alberi, ammazzato gli armenti e svelte le case fino dai fondamenti. Ugo allora più forte s’adirò e poco



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