Ogni coincidenza ha un'anima by Fabio Stassi

Ogni coincidenza ha un'anima by Fabio Stassi

autore:Fabio Stassi [Fabio Stassi]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788838938221
editore: Sellerio Editore Palermo
pubblicato: 2018-06-14T22:00:00+00:00


O

Laissé voir la mélancolie

D’un avenir désespérant

Da qualche parte, conservavo una vecchia edizione della Bibbia. Una volta, avevo sentito uno scrittore messicano che aveva il nome di un astronauta e di un allenatore di calcio, Yuri Herrera, dichiarare che la Bibbia era la sua lettura serale preferita: un compendio di tutti i generi letterari possibili, dalla crime fiction alla parabola, dalla letteratura fantastica a quella di viaggio, dalla narrativa d’inchiesta al racconto dell’orrore. Alcuni libri, come la Genesi o l’Esodo o l’Apocalisse, facevano addirittura genere a sé.

Io ne possedevo una copia scolastica, con la copertina marrone. Me l’ero portata dietro in tutti i miei traslochi, ma non avevo nessuna idea di dove fosse. La recuperai soltanto per il colore della costa e i fregi dorati. L’avevo collocata, inspiegabilmente, nel palchetto che ospitava le storie d’amore finite male, accanto a Giulietta e Romeo e a L’amore fatale di Ian McEwan. Chissà che ne avrebbe pensato il giovane scrittore messicano. In fondo, quello di Adamo e di Eva non era stato l’amore più fatale della storia, oltre che il primo? E che dire di Davide e Betsabea, Sansone e Dalila, Oloferne e Giuditta? Anche nel Nuovo Testamento, gli esempi non mancavano.

Misi su Que reste-t-il de nos amours di Charles Trenet e mi stesi sul divano. Django si accucciò ai miei piedi.

Feng aveva detto che avrei potuto leggere la Genesi come il racconto della nascita di un dizionario. Nel quinto versetto, Dio aveva chiamato la luce «giorno» e le tenebre «notte». E separato le acque dalle acque con una distesa a cui aveva dato il nome di «cielo».

Il primo vocabolario del mondo fu composto da queste quattro parole: luce, giorno, notte e cielo. Soltanto dopo Dio ne aggiunse altre: terra, mare, albero, a cui seguirono le stagioni, gli anni, le stelle, gli animali, e solo alla fine l’uomo e la donna.

L’uomo lo creò dalla polvere, e nacque insieme alla pioggia e ai fiumi. Ma prima ancora di dargli una compagna, impartì ad Adamo l’ordine di non mangiare nessun frutto dall’albero della conoscenza del bene e del male, perché se l’avesse fatto la lingua degli uomini avrebbe conosciuto una nuova voce: la parola «morte».

Andai avanti.

Il capitoletto sulla Torre di Babele veniva dopo il diluvio e l’arca di Noè. Cominciai a leggerlo mentre fuori aveva appena ricominciato a piovere.

«Tutta la terra aveva un medesimo linguaggio e usava le stesse parole».

Il medesimo linguaggio, le stesse parole.

Iniziava così, quella storia.

Nella fertile pianura nella quale si erano stabiliti, tutti gli uomini parlavano una sola lingua. E continuarono a farlo finché non accesero un fuoco per cuocere dei mattoni e non servirsi più delle pietre. Avevano deciso di edificare una città e insieme di penetrare il cielo con la punta della più alta torre che fosse mai stata costruita.

Al posto della calce, usarono il bitume. E quando furono pronti, si misero di buona lena al lavoro. Ma Dio si offese, come se lo avessero sfidato. Quella torre era un’insolenza spudorata. È vero, l’aveva detto Lui che bisognava elevarsi al cielo, ma con lo spirito, non con il corpo.



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