Operette morali by Giacomo Leopardi

Operette morali by Giacomo Leopardi

autore:Giacomo Leopardi [Leopardi, Giacomo]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Letteratura
ISBN: 9788897313458
editore: Liber Liber
pubblicato: 1908-07-13T16:00:00+00:00


CAPITOLO SESTO

Usava di farsi leggere quando un libro quando un altro, per lo più di scrittore antico; e interponeva alla lettura qualche suo detto, e quasi annotazioncella a voce, sopra questo o quel passo, di mano in mano. Udendo leggere nelle Vite dei filosofi scritte da Diogene Laerzio,nota 3 che interrogato Chilone in che differiscano gli addottrinati dagl'indotti, rispose che nelle buone speranze; disse: oggi è tutto l'opposto; perché gl'ignoranti sperano, e i conoscenti non isperano cosa alcuna.

Similmente, leggendosi nelle dette Vitenota 4 come Socrate affermava essere al mondo un solo bene, e questo essere la scienza; e un solo male, e questo essere l'ignoranza; disse: della scienza e dell'ignoranza antica non so; ma oggi io volgerei questo detto al contrario.

Nello stesso libronota 5 riportandosi questo dogma della setta degli Egesiaci: il sapiente, che che egli si faccia, farà ogni cosa a suo beneficio proprio; disse: se tutti quelli che procedono in questo modo sono filosofi, oramai venga Platone, e riduca ad atto la sua repubblica in tutto il mondo civile.

Commendava molto una sentenza di Bione boristenite, posta dal medesimo Laerzio,nota 6 che i più travagliati di tutti, sono quelli che cercano le maggiori felicità. E soggiungeva che, all'incontro, i più beati sono quelli che più si possono e sogliono pascere delle minime, e anco da poi che sono passate, rivolgerle e assaporarle a bell'agio colla memoria.

Recava alle varie età delle nazioni civili quel verso greco che suona: i giovani fanno, i mezzani consultano, i vecchi desiderano; dicendo che in vero non rimane all'età presente altro che desiderio.

A un passo di Plutarco,nota 7 che è trasportato da Marcello Adriani giovane in queste parole: molto meno arieno ancora gli Spartani patito l'insolenza e buffonerie di Stratocle: il quale avendo persuaso il popolo (ciò furono gli Ateniesi) a sacrificare come vincitore; che poi, sentito il vero della rotta, si sdegnava; disse: qual ingiuria riceveste da me, che seppi tenervi in festa ed in gioia per ispazio di tre giorni? soggiunse l'Ottonieri: il simile si potrebbe rispondere molto convenientemente a quelli che si dolgono della natura, gravandosi che ella, per quanto è in se, tenga celato a ciascuno il vero, e coperto con molte apparenze vane, ma belle e dilettevoli: che ingiuria vi fa ella a tenervi lieti per tre o quattro giorni? E in altra occasione disse, potersi appropriare alla nostra specie universalmente, avendo rispetto agli errori naturali dell'uomo, quello che del fanciullo ridotto ingannevolmente a prendere la medicina, dice il Tasso: e da l'inganno suo vita riceve.

Nei Paradossi di Ciceronenota 8 essendogli letto un luogo, che in volgare si ridurrebbe come segue: forse le voluttà fanno la persona migliore o più lodevole? e hacci per avventura alcuno che del goderle si magnifichi o pavoneggi? disse: caro Cicerone, che i moderni divengano per la voluttà o migliori o più lodevoli, non ardisco dire; ma più lodati, sì bene. Anzi hai da sapere che oggi questo solo cammino di lode si propongono e seguono quasi tutti i giovani; cioè quello che mena per le voluttà.



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