Paddy Clarke ah ah ah! by Doyle Roddy

Paddy Clarke ah ah ah! by Doyle Roddy

autore:Doyle Roddy
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2012-01-12T05:00:00+00:00


Nella nostra parte di Barrytown c'erano ventisette cani, e quindici avevano la coda mozzata.

"Mozzata via."

"No, niente Via. Mozzata, e basta."

Gli avevano mozzato la coda per farli smettere di cadere. Quando scodinzolavano non riuscivano a mantenersi in equilibrio e cadevano, per cui alla maggior parte gli mozzarono la coda.

"Solo da cuccioli."

"Sì."

Solo da cuccioli cadevano.

"E loro perché non aspettano?" domandò Sinbad.

"Quanto sei scemo", dissi io, anche se non avevo capito cosa voleva dire Sinbad.

"Loro, chi?" domandò Liam a Sinbad.

"I vetrinai", rispose Sinbad.

"Aspettare cosa?"

"Se cadono solo da cuccioli", disse Sinbad, "perché i vetrinai gli tagliano la coda? Non restano mica cuccioli per tutta la vita."

"Vetrinai", dissi io. "Sentitelo. Si dice veterinari, sai?"

Sinbad però non aveva mica detto una scemata. Nessuno di noi sapeva la risposta. Liam scrollò le spalle.

"Lo fanno e basta."

"Si vede che ai cani gli fa bene. I veterinari sono come dottori."

I McEvoy avevano un Jack Russel. Si chiamava Benson.

"Che nome scemo per un cane."

Ian McEvoy diceva che era suo, ma in realtà era di sua madre. Benson aveva più anni di Ian.

"A quelli che hanno le zampe lunghe non gliela mozzano mica", dissi io.

Benson le zampe quasi non ce l'aveva affatto. La pancia gli toccava l'erba. Era facile acchiapparlo. L'unico problema era che dovevamo aspettare finché la signora McEvoy non andava ai negozi.

"Mamma va pazza, per Benson", ci disse Ian McEvoy. "Preferisce lui a me."

Era un cane più forte di quel che sembrava. Sentivo come tendeva i muscoli cercando di scappare. Noi volevamo solo dare un'occhiatina alla coda. Io lo tenevo per la metà posteriore. Lui cercò di arrivare con la bocca fino alla mia mano.

Kevin gli diede un calcio.

"Sta attento."

Ian McEvoy era preoccupato; se sua madre ci beccava? Così preoccupato che allontanò Kevin con uno spintone.

Kevin gliela lasciò passare liscia.

Non gli volevamo fare niente di male, volevamo solo dare un'occhiata alla coda. La teneva ritta. A vederla, sembrava la parte più vigorosa. I cani dovrebbero agitare la coda quando sono felici, ma Benson certamente non era felice eppure scodinzolava come un pazzo.

Papà non voleva che prendessimo un cane. Aveva i suoi buoni motivi, diceva. E mamma era d'accordo con lui.

Kevin prese Benson come lo tenevo io prima, e io gli brancai la coda. Era un osso, un osso peloso, senza nemmeno un po’ di carne, niente. Serrai il pugno e la coda sparì. Ridemmo. Benson mugolò, come per ridere anche lui. Io strinsi la coda impugnandola solo con due dita per cui ne spuntava il mozzicone. Cercai di non toccare il sedere di Benson con le tre dita rimaste libere. Non era mica facile, dato il modo in cui lo tenevo, ma riuscii a non sfregargliele contro il buco.

Mamma ci mandava sempre a lavarci le mani prima di cena. Solo prima di cena, mai prima di colazione o di merenda. A me certe volte non mi andava; salivo di sopra, aprivo e chiudevo il rubinetto, e riscendevo giù.

Allontanai i peli. Erano bianchi e ispidi. Benson cercava di sgusciare via. Ma era inutile, non poteva riuscirci. Era nel panico perché gli toccavo i peli della coda; questo lo sentivamo.



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