Per caso by Paolo Stella

Per caso by Paolo Stella

autore:Paolo Stella
La lingua: ita
Format: epub
editore: Mondadori
pubblicato: 2020-05-11T12:00:00+00:00


14

Che dipende sempre da come lo dici

Non so come mai, ma stasera Silenzio non è al suo posto. Le sue cose sono lì, ma quando la suora passa a spegnere la luce non è al suo posto. Spero non sia successo niente. Non è socievole né simpatica, ma comunque è il capo, il punto di riferimento, il sostituto genitoriale post orario di uscita del parentame.

Il «buonanotte bambini» della suora arriva sulla penombra calata a luci spente, e proprio in quella penombra cominci tu, risoluto e pacato: «Suora, mi apre le tende? Il problemino è passato e le tende chiuse non mi piacciono».

La suora obbedisce, svela una sagoma scura e io mi chiedo quanto l’uso del diminutivo sia indicativo dell’effettiva importanza del problema, tanto da non specificarlo mai.

«Buonanotte e dormite. Dormite bene.»

A pancia in su guardo il soffitto, con le coperte fino al mento, impacchettato come due etti di prosciutto cotto. Mani lungo i fianchi e occhi inchiodati al soffitto.

Vorrei voltarmi a guardare Sottile ma il silenzio complica i movimenti, sentirebbe tutto. Provo a lanciare le pupille al lato destro, più che posso, per scorgere qualcosa, ma nulla, devo inclinare un po’ la testa o non vedo niente. I movimenti sono impercettibili, ma mi sembra comunque di fare un casino tremendo.

Finalmente, un centimetro alla volta, riesco a girarmi tutto sul fianco destro, direzione Sottile.

Non vedo nulla. Solo un profilo scuro, indefinito. Si confonde con la notte, tipo mutante, penso che forse questo è il suo problemino. Dormo a fianco di un mutante. Pazzesco, quando lo racconterò a scuola non ci crederanno mai.

Le coperte seguono il ritmo del tuo respiro, le vendo gonfiarsi e sgonfiarsi, con una regolarità che mi rilassa. Stanotte ci sono solo i nostri due respiri a far vivere le ombre di questa stanza. Li sento che si rincorrono, giù dal letto fino al piccolo tavolo davanti alla finestra, risalgono le gambe in acciaio, si appoggiano alla formica giallina fino al vaso di vetro tagliato di geometrie. Poi ancora più su, lungo lo stelo spesso di questi succosi Amaryllis rosso fuoco, fino ai petali carnosi, e come due amanti si intersecano in un continuo perdersi e trovarsi. Arrivano sul pistillo colorato e colorante, che non va più via, e da lì, come da un trampolino professionale, saltano in altezza sulla sua estremità per guadagnare la spinta giusta prima di staccarsi e buttarsi a capofitto nel mare di silenzio di questa stanza e tornare da noi.

«Come ti chiami?» mormora.

Sussulto, credevo dormisse.

Nel buio, una luce. Il riflesso lucido di un faro in mezzo al mare mi indica dove sei nell’incertezza di questa ora notturna, i tuoi denti staccano da tutto quello che c’è intorno.

Sono bianchissimi. La luna non deve essere piena, ma qualche particella luminosa filtra dalla vetrata, sbatte sui tuoi denti, il riverbero è minimo ma capisco che non è l’ombra a renderti scuro, sei tu che sei nero, Sottile. La pelle compatta delinea un profilo sinuoso, morbido e rotondo. Sembri una statua di marmo lucida e perfetta. La linea



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