Pineapple Street by Jenny Jackson

Pineapple Street by Jenny Jackson

autore:Jenny Jackson [Jackson, Jenny]
La lingua: ita
Format: epub
editore: RIZZOLI LIBRI
pubblicato: 2023-05-04T12:00:00+00:00


Undici

Georgiana

Dopo la conferenza di Washington, Georgiana inviò un messaggio a Brady. So che sei sposato. Poi spense il cellulare e passò tre giorni a letto in una sorta di dormiveglia, ferita nell’orgoglio, con il cuore spezzato. Lunedì mattina, non potendo più nascondersi, si svegliò alle sette, fece la doccia, si vestì e preparò il pranzo da portarsi al lavoro. Quando uscì dall’edificio si trovò faccia a faccia con Brady. Reggeva due bicchieri di carta con il caffè. Lei ne prese uno, ma riuscì a malapena a guardarlo per il dolore che provava. S’incamminarono verso la Promenade e sedettero su una panchina per parlare. Il cielo era limpido, la giornata calda e i runner gli sfrecciavano accanto, le baby-sitter offrivano ai piccoli nei passeggini i croissant presi da sacchetti di carta oleata. In fondo al promontorio, oltre i moli, i traghetti scivolavano sul fiume e la sirena di una grande chiatta arancione straziava l’aria con la sua nota dolente, come se si lamentasse dell’inesorabile scorrere della vita, indifferente al cuore spezzato di Georgiana.

Era svuotata, tamburi nelle tempie e stomaco annodato. Teneva il bicchiere di caffè in grembo ma non trovava la forza per portarlo alle labbra.

«Mi dispiace tanto, George» esordì Brady. «Pensavo lo sapessi. Quando ho capito… non sapevo più come dirtelo. Mi sembrava troppo tardi.»

«Come facevo a saperlo? Non me ne hai mai parlato.»

«Lo so, lo so. Ma credevo che in ufficio lo sapessero tutti. Amina lavorava da noi come project manager. Qualche anno fa la fondazione dei Gates a Seattle le ha proposto un impiego e ha dovuto accettarlo. Anch’io avrei dovuto farmi assumere, o almeno trovare un’altra occupazione a Seattle, ma non volevo. Amo New York. E amo il mio lavoro. Quindi abbiamo lasciato che le cose rimanessero com’erano. Io qui, lei a Seattle. Ci saremmo visti nei weekend.»

«La conferenza sulla malaria di Seattle era una scusa per stare con lei?»

«No, non proprio. La conferenza c’è stata davvero, ma sono rimasto con Amina.»

«E al lavoro tutti sanno di lei. Ecco perché nessuno doveva sapere di noi due.»

«Mi dispiace, Georgiana. Non ti so spiegare perché ho mentito. Non volevo che questa storia finisse.»

«La ami?»

«Sì. Ma amo anche te.» Brady la guardava intensamente, le dita strette contro il bordo della panchina si erano fatte bianche. Georgiana scosse il capo, si tirò in piedi e attraversò Columbia Heights diretta in ufficio. Salì le scale della villa, attraversò la grande sala, superò il dipartimento Sovvenzioni e giunse nella sua stanzetta da governante dove accese il computer e trascorse le ore successive a fissare una foglia appiccicata alla finestra.

Non si staccò dalla scrivania per tutto il giorno, nemmeno per andare in cucina o in bagno, per non rischiare di incrociarlo nel corridoio. Il giorno dopo, un martedì, invece di andare al tennis con Brady, uscì prima dal lavoro, si mise i vestiti da corsa e si diresse verso il Navy Yard. Superò gli infiniti edifici di Dumbo e s’immerse nei pensieri mentre una musica martellante le straziava le orecchie. La notte non riuscì a prendere sonno, malata com’era di disperazione, e la mattina andò a correre prima del lavoro.



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