Prog. Una suite lunga mezzo secolo by Donato Zoppo;

Prog. Una suite lunga mezzo secolo by Donato Zoppo;

autore:Donato Zoppo; [Zoppo, Donato]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Musica
ISBN: 9788862316392
editore: eDigita srl.
pubblicato: 2014-12-15T23:00:00+00:00


2.6

Larks’ Tongues and Dark Sides: il 1973

Nel 1973 il progressive conosce l’esperienza degli album dal vivo. Con LIVE AT LEEDS (1970) degli Who e MADE IN JAPAN (1972) dei Deep Purple il panorama rock si arricchisce di uno strumento importante: il live album segna la fine di un ciclo storico, celebra il trionfo del successo on stage e permette di prendere un momento di respiro dopo le massacranti tournée. Pink Floyd, Family, Traffic, King Crimson e Procol Harum hanno già offerto al pubblico le loro prove live, ma dal 1973 la prassi di fissare su disco i migliori concerti diventa sistematica e consente di individuare le peculiarità performative di questi gruppi, ben diverse dai colleghi hard, glam e folk.

Inaugurano la stagione i Soft Machine, che nel 1973 pubblicano ben due album con Karl Jenkins, che instaura immediatamente un’ottima dialettica con Ratledge ma non con Hopper, che medita fortemente l’uscita. SIX (febbraio 1973) contiene un disco live (registrato nell’ottobre del 1972 a Brighton e Guildford) e uno in studio: è un’opera tanto di transizione quanto di svolta, laddove elimina completamente qualsiasi residuo free. L’arrivo di Jenkins, che al sax e saxello di Dean risponde con oboe e tastiere, è un indubbio arricchimento per i Softs. Il live mostra la band rilassata ma sempre perentoria nell’organizzazione del suono, con la scelta coraggiosa di brani inediti fatta eccezione per All White. Il quartetto è oliato alla perfezione, un’affiatata sezione ritmica offre la base per i duetti di Mike e Karl, soprattutto nelle nuove Chloe And The Pirates e The Soft Weed Factor che offrono ancora spunti originali. L’ultimo brano è 1983 di Hopper: Hugh ha deciso di salutare la band, comincia a registrare un Lp da solista e lascia una sua composizione sperimentale e iterativa, nella stessa vena di quelle che appaiono su 1984 (marzo 1973). Il suo disco – ispirato al romanzo di George Orwell – suggella la separazione dai Soft Machine ma, in linea con quanto la band ha partorito da THIRD, conferma il jazz-rock strumentale con loop insistenti e manipolati. Con Hugh ci sono Marshall, Coxhill, Windo e persino Pye Hastings. È il primo tassello di un’inarrestabile carriera che lo vedrà solista e collaboratore in numerosi progetti. Hugh viene sostituito da Roy Babbington (1940) dei Nucleus, già ospite al contrabbasso in FOURTH e FIFTH, che passa al basso elettrico. Babbington fa parte della formazione dei Soft Machine più lontana dall’originale, che rapidamente registra SEVEN (ottobre 1973). L’abbagliante fantasia del passato è un lontano ricordo ma SEVEN, con brani più succinti, minor dispersione, l’arrivo di un sintetizzatore e la dominante firma di Jenkins, ha episodi interessanti. Marshall è impeccabile; se Hopper garantiva un notevole tasso di creatività, Babbington è funzionale alla linearità del nuovo materiale, che ha in Nettle Bed, Tarabos e Day’s Eye i momenti migliori. Per i Soft Machine si è davvero chiuso un ciclo. La Cbs non rinnova il contratto. La band passerà presto alla Harvest.

Tra l’11 e il 18 maggio vedono la luce gli spettacolari live album di due band diverse ma in assoluta crescita: Hawkwind e Yes.



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