Qualcuno con cui correre by David Grossman

Qualcuno con cui correre by David Grossman

autore:David Grossman
La lingua: ita
Format: azw3, mobi, epub
pubblicato: 2015-06-15T22:00:00+00:00


"Come un cieco ti seguo"

Dopo il pranzo con Karnaf, Dinka condusse Assaf in un quartiere che non conosceva, dietro il mercato. Attraversarono cortili con case intonacate di bianco. Assaf sbirciò attraverso un cancello di legno e vide una pianta di geranio gigantesca, rossa, in una vecchia tinozza di latta e decise che un giorno, quando quella storia fosse finita, sarebbe tornato lì. Il suo occhio esperto esaminò l'intreccio di luci e ombre, le inquadrò, venne attratto da un vecchio gatto che riposava tra schegge di vetro arancione, appuntite come squame di drago. Nei cortili, lungo i muri, c'erano vecchie poltrone e talvolta anche materassi e sui davanzali troneggiavano grossi vasi di cetrioli in salamoia. Assaf e Dinka passarono accanto a una sinagoga dove alcuni fedeli recitavano la preghiera pomeridiana nella versione a lui familiare, quella di suo padre e di suo nonno. Sfiorarono un brutto muro di cemento ricoperto di disegni sgargianti, un'altra sinagoga, attraversarono un vicolo strettissimo con un salice piangente che lo ricopriva quasi interamente, a mo' di cupola...

Lì Dinka si fermò, fiutò l'aria e osservò il cielo come chi non ha l'orologio e cerca di intuire l'ora. Poi prese una decisione: si sedette accanto a una panchina sotto il salice e posò la testa tra le zampe, con occhi vigili. Si mise ad aspettare. Chi? Cosa? Assaf non lo sapeva benché si fosse ormai un po' abituato a quella situazione.

Qualcuno sarebbe arrivato, qualcosa sarebbe successo. Avrebbe scoperto nuovi particolari su Tamar.

Ma su quale delle due Tamar: quella di Teodora o quella del poliziotto? E se ce ne fosse stata un'altra, una terza?

Trascorsero lunghi minuti, un quarto d'ora, mezz'ora e non accadde niente. Il sole cominciò a calare spandendo l'ultimo calore dei giorni estivi e nello stretto vicolo cominciò a soffiare una brezza leggera. All'improvviso Assaf si sentì stanco. Era in piedi dalla mattina e aveva corso per gran parte della giornata. La sua stanchezza però non era dovuta solo alla corsa. Lo sforzo fisico non l'aveva mai affaticato in quel modo. Era qualcos'altro, una specie di tensione costante, una frenesia. Gli pareva di avere la febbre eppure non si sentiva malato. Tutt'altro.

"Dinka" sussurrò senza muovere le labbra. C'era gente nel vicolo e non voleva che pensassero che parlava da solo, "sai che ore sono? Quasi le sei. Sai cosa significa?" Dinka tese le orecchie. "Che un paio d'ore fa Danokh ha chiuso l'ufficio e anche il veterinario se n'è andato a casa. Per oggi non ti riporterò al canile e questo vuol dire che dovrai dormire con me." Si rallegrò all'idea. "C'è solo un problema. Mia mamma è allergica al pelo dei cani ma per tua fortuna è all'estero. Dovrai solo stare attenta a non perdere peli..."

La cagna abbaiò e si levò sulle zampe. Un giovane magrissimo, un po' sciancato, si avvicinò all'ombra del salice. Assaf s'irrigidì. Il ragazzo chiamò con voce esile: "Dinka!" e corse verso di lei trascinando una gamba. Era strano il modo in cui teneva piegata la testa, come se non ci vedesse bene da un occhio.



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