Quando il cielo era il mare e le nuvole balene (Italian Edition) by Guido Conti

Quando il cielo era il mare e le nuvole balene (Italian Edition) by Guido Conti

autore:Guido Conti [Conti, Guido]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Giunti
pubblicato: 2018-08-28T22:00:00+00:00


VII

Un giorno stavo tornando a casa dal fiume con due anatre da mangiare per la sera, quando sentii l’arrivo di una moto. A quel brusio di calabrone mi fermai. Vidi l’Americano piegato sopra una motocicletta sfrecciare sull’argine maestro come un lampo rosso.

Non credevo ai miei occhi. L’Americano guidava una moto piegato sul manubrio. E non era una moto militare. Corsi subito a casa.

Quando arrivai nel cortile, vidi l’Americano che dava tutto il gas da fermo, lasciando una nuvola di fumo azzurro nell’aria.

Mi avvicinai. «Non è bella? È nuova di zecca!» urlò.

«È tua?»

Invece di dire sì, l’Americano sgasò per due volte. «Sei capace di guidarla?»

«No, non so nemmeno andare in bicicletta!»

«Come, non sai andare in bicicletta?»

«Non ho mai avuto una bicicletta.»

«Ormai sei un uomo e non sai usare la bicicletta?» disse ironico l’Americano scuotendo appena la testa. Mi sentii umiliato.

«Con questa vai veloce come il vento!» disse, sgasò di nuovo, fece tre giri intorno a me ridendo e poi sparì per un altro giro sull’argine. Tornò solo al tramonto.

Nonno guardò dalla finestra, poi tornò in cucina.

Alla corte c’era una bicicletta e quella del nonno l’avevano rubata i fascisti prima di picchiarlo.

«Insegnami ad andare in moto!» dissi a tavola all’Americano.

«È pericoloso! Non sai andare in bicicletta e vuoi guidare la moto?»

«Imparo alla svelta» risposi piccato.

L’Americano mi guardò perplesso, poi si girò verso nonno Ercole, e alla fine, dopo un lungo silenzio disse: «Va bene, allora domani cominciamo!».

Fu così che imparai a guidare velocemente il guzzino. Quando la prima volta volai sull’argine, da solo, con il vento che accarezzava la mia faccia mi sentii come un cormorano che vola a pelo del fiume, veloce, libero di andare dove volevo. Frenai solo quando mi ritrovai al limite dell’argine rotto dai bombardamenti, con il cantiere aperto tra le pale e le carrette degli scariolanti pagati a giornata.

Adesso che sapevo guidare il guzzino avrei fatto il giro del mondo. Sognavo di andare al Polo Nord, tra gli elefanti dell’Africa o le tigri dell’India. In verità, nel fondo del mio cuore, sapevo qual era il mio vero desiderio. Sapevo qual era la meta per il mio primo viaggio.

«Dove ti eri fermato quando hai scaricato Millemosche insieme alla famiglia dello Sdentato?»

«Era notte, perché?» L’Americano stava disteso mentre smontava un motore.

«Ma dove sono adesso?»

«Non lo so. Non ricordo. È passato tanto tempo. Li avevano presi in consegna alcuni amici, insieme agli altri.» L’Americano rispondeva distratto.

«Mi vuoi ascoltare?» gli dissi seccato.

L’Americano mi guardò stringendo più forte la chiave inglese nel pugno. Era la prima volta che lo aggredivo a parole. Si sedette per terra. Si rendeva conto che non ero più un ragazzo, che la barba già spuntava sulle guance, che avevo mani e spalle da uomo.

«Ma perché t’interessa tanto sapere che fine hanno fatto?»

«Millemosche era mio amico, la sua famiglia abitava qui di fianco. Non sono più tornati a vivere nella corte come abbiamo fatto noi. Voglio sapere perché non sono più tornati qui.»

L’Americano si asciugò la fronte. Mi guardò. Erano passati più di quattro anni da quel viaggio



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