Quei temerari sulle macchine volanti. Piccola storia del volo e dei suoi avventurosi interpreti by Paolo Magionami

Quei temerari sulle macchine volanti. Piccola storia del volo e dei suoi avventurosi interpreti by Paolo Magionami

autore:Paolo Magionami [Magionami, Paolo]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2012-04-24T12:35:07+00:00


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no presso l’atelier dell’artista, la Société d’encouragement pour la Il

locomotion aérienne au moyen d’appareils plus lourds que l’air.

circo

L’elicottero che completarono nello stesso anno era un congegno raffinato, costruito con l’alluminio, materiale di cui pochissimi a dei

quel tempo si servivano, e bronzo. Alto 62 cm, per 2 kg e 70 di peso, palloni

era munito di due pale controrotanti messe in moto da un bollito-re che convogliava il vapore attraverso una lunga serpentina.

Nel maggio del 1863 furono compiuti alcuni test finali, prima ei

del collaudo vero e proprio, ma problemi alla serpentina ritarda-primi

rono il volo dell’elicottero.

Complice uno stato di salute che andava peggiorando, Ponton passi

d’Almencourt iniziò, però, a dar segni di scoraggiamento; circonda-to dall’indifferenza, nonostante l’appoggio di famosi intellettuali del

come Victor Hugo e Jules Verne – che nel romanzo del 1886 Robur il

“più

Conquistatore farà svolazzare per i cieli il suo eroe a bordo di un elicottero – provato dai sacrifici anche di natura economica e dispia-pesante”

ciuto di esser conosciuto nella cerchia degli amici come “Ponton Balloon”,alla fine decise di ritirarsi e abbandonò il progetto.

Il ruolo dello strenuo difensore dell’elica fu preso gagliardamente da Nadar, mentre l’elicottero costruito da Ponton e de La Landelle venne mostrato alla prima esposizione aeronautica di Londra nel giugno del 1868 senza però che si fosse mai staccato da terra.

Più fortunato, e bravo, fu l’italiano

Enrico Forlanini

(1848-1930).

Correva l’anno 1877 e nel Teatro della

Scala di Milano l’ingegnere riuscì laddove gli altri avevano fallito. Spirito gagliardo e audace, sempre pronto a spericolatezze,

Enrico aveva compiuto studi presso

l’Accademia militare e divenuto tenente

del Genio venne dirottato presso l’offici-

na dell’omonimo corpo dove iniziò a inte-

ressarsi al volo. L’impegno si fece presto rilevante; nelle ore di riposo o di svago armeggiava a un modello a elica per calcolare le forze di spinta e resistenza. Trasferito ad Alessandria, ebbe la possibilità di lavorare presso l’officina militare e, grazie all’aiuto di Pietro Torresini, riuscì a completare un secondo modello di macchina a elica.

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Fu questa che tra il luglio e l’agosto del 1877 venne presenta-Quei

ta a un ristretto gruppo di persone competenti, tra le quali emergeva Giuseppe Colombo. L’elicottero era munito di due eliche temerari

coassiali controrotanti mosse da un motore alimentato da una caldaia di forma sferica che conteneva il vapore a pressione. Da una relazione apparsa sul giornale Il Politecnico risulta che l’eli-sulle

cottero di Forlanini fu in grado di raggiungere i 13 metri di altez-macchine

za, restando in volo per circa venti secondi, fin quando la caldaia riuscì a mantenere la pressione; una volta raffreddatasi l’elicottero atterrò placidamente.

Fu un risultato notevole, il primo della storia ed ebbe una volanti

certa risonanza, anche internazionale. Con questa invenzione, l’ingegnere del Genio militare si aggiudicò la medaglia d’oro del Premio Cagnola.

Nonostante l’ottima esibizione, la via dell’aria tracciata dall’elicottero si arrestò dopo questi primi incerti passi. I timori di Ponton d’Almencourt si rivelarono fondati.

La battaglia per la conquista dell’aria ammetteva solo due con-tendenti: il dirigibile e gli apparecchi alati, non l’elicottero e la sua sacra elica, checché ne dicessero pochi appassionati sostenitori.

Anche Forlanini abbandonò la via dell’elicottero e si convertì alla religione del più leggero dell’aria, ottenendo risultati ben più importanti.



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