Quel dolce nome by Mario Schiani

Quel dolce nome by Mario Schiani

autore:Mario Schiani [Schiani, Mario]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Giovane Holden
pubblicato: 2020-01-14T23:00:00+00:00


17

La quiete svaporò non appena la figlia riprese con noncuranza a imbastire il racconto. Nella sua voce acuta, eppure compatta, lui ritrovava il vibrato di un organetto udito a distanza sulla strada.

“Dallo scoglio tesi l’orecchio per sentire il rumore delle onde e lasciarmi da esso cullare. Nulla, silenzio assoluto. Mi insospettii e volli osservare meglio la distesa d’acqua. Ero sgomenta. L’unica onda il cui infrangersi potevo prevedere non era di natura acquatica e non stava per schiaffeggiare lo scoglio: veniva invece per travolgere me e la mia ritrovata sicurezza. Da dove era sgorgata, come si era generata? Un mistero. Tuttavia, intuivo che ero in pericolo. Addirittura, ero oltre il pericolo: mi si poteva dare per spacciata. L’onda si chiamava tradimento, un tradimento già consumato. Rilessi Il pranzo procede senza troppi scossoni. Gridai, sgomenta all’improvvisa rivelazione: non c’era nessun pranzo. Non c’era alcun procedere e gli scossoni scongiurati erano una patetica finzione. Lo scrittore aveva voluto ingannarmi e quasi ci era riuscito. Perché mai, infatti, fornirmi di un dettaglio così insignificante, un noioso pranzo che, assicurava egli con sospetto eccesso di zelo, procedeva senza imprevisti, se dietro questa disinvolta affermazione del nulla non ci fosse stato dell’altro, un segreto che non intendeva rivelarmi? Che cosa nascondeva quell’assenza di scossoni? Sobbalzi, sembrava di capire, ce ne sarebbero dovuti essere eccome, ma una congiura ipocrita, meschina, gonfia di colpa e di corruzione morale, impediva si desse loro il giusto sfogo.”

La figlia gli sfiorò una spalla. “Santo cielo, come mi esprimo male,” sospirava desolata. “Sono proprio un disastro.”

“No, credo di aver afferrato,” la rassicurò lui. “Lei mi sta raccontando un sogno, non è vero? Un’allucinazione, forse: indotta da quella lettura.”

“Non dica questo. Ogni cosa era reale, capisce? Lo scoglio, il sole, il pranzo. Soprattutto l’indignazione, che mi scuoteva tutta. E ancor più concreta era la mia volontà: questa volta non avrei accettato alcun sopruso. Non potevo dirmi pronta a presentare appello, come mio padre avrebbe senz’altro fatto, lo so: egli torna, torna sempre, e non disponevo neppure di una fotocopia sbiadita da opporre a tanta ribalderia. Avrei dovuto farmi bastare la ferocia. Non era arma da poco: i signori al tavolo, commensali per burla, sodali per malizia, avrebbero presto ricevuto sulle preziose persone secchiate di verità e disprezzo. Sapevo bene che nessuno, oltre a loro, avrebbe potuto sentire la mia arringa, lanciata da uno scoglio sperduto. Eppure il tempo della rabbia e del fuoco era giunto: non era possibile alcun rinvio. Un incendio, dopo tutto, non scoppia accertandosi prima di quanta materia infiammabile disponga. Per prima cosa infransi un bicchiere scagliandolo contro la roccia. Questo avrebbe dovuto attirare l’attenzione dei vegliardi. Invece, il rumore del cristallo in pezzi cadde nel vuoto, come una breve risata imbarazzata. Allora, con il tono più imperioso che mi riuscì di improvvisare, li sferzai Dunque, vi vergognate tanto da non poter alzare gli occhi? Guardatemi! Senz’altro potrete abbandonare la recita: il vostro gioco è scoperto. Che cosa nascondete?”

La figlia indurì un timido sorriso fino a tradurlo in fierezza. “Non trova che sia stata coraggiosa?” domandò.



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