Rainbirds by Clarissa Goenawan

Rainbirds by Clarissa Goenawan

autore:Clarissa Goenawan [Goenawan, Clarissa]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Carbonio Editore
pubblicato: 2021-11-19T11:06:28+00:00


Capitolo 19

La casa dietro i cespugli

La prima volta che avevo visto l’appartamento era tardo pomeriggio e il tramonto rendeva romantica l’atmosfera dell’edificio, ma in pieno giorno appariva più malandato di quanto ricordassi. Le pareti rosa sbiadite erano scrostate e piene di infiltrazioni, c’era ruggine su tutte le ringhiere e la scala di legno era scheggiata. Almeno la struttura portante sembrava solida.

“Sono sorpreso che non abbiano demolito questo posto” commentò Honda, salendo le scale. “Esiste dai tempi della Seconda guerra mondiale e non è mai stato ristrutturato. Il padrone di casa avrebbe dovuto almeno metterci un ascensore”.

“Se l’avessero fatto, l’affitto non sarebbe stato così conveniente” sottolineai.

“Forse gli affitti sono solo una facciata, e alcune stanze sono magazzini di droghe o armi da fuoco”.

“Non essere ridicolo”.

Anche se fosse stato vero, non me ne sarebbe potuto importare di meno. Mi bastava che l’affitto rientrasse nel mio budget e che accettassero di rinnovarlo mese per mese. Mi chiedevo se il padrone di casa ci guadagnasse davvero, facendo pagare così poco.

Con il respiro affannoso, raggiungemmo finalmente il quinto piano. Tirai fuori le chiavi e aprii la porta. Dopo aver posato le mie cose, esaminai il posto. C’era un pungente odore di muffa. Aprii tutte le finestre per far circolare l’aria.

In un angolo del soggiorno vidi un televisore ricoperto da uno spesso strato di polvere. Provai ad accenderlo, pensando che magari Honda volesse guardare qualcosa, ma era rotto. Dopo aver smanettato per un po’ ci rinunciai e andai in bagno a lavarmi le mani. Con mia grande costernazione, non c’era l’acqua calda. Nessuno stupore che quel posto fosse così poco richiesto. Potevo sempre far bollire l’acqua come nei film d’epoca, ma ero troppo pigro. Be’, in fin dei conti avevo ottenuto ciò per cui avevo pagato.

“Va tutto bene?” chiese Honda.

“Sì, sì” risposi, sciacquandomi le mani sotto il rubinetto.

Lo specchio di fronte a me era annebbiato dal lerciume. A quanto pare il mio primo compito sarebbe stato quello di pulire a fondo. Sospirai: non era certo il mio modo preferito di passare una giornata libera.

Si trattava di un edificio di cinque piani, e su ogni pianerottolo si affacciavano otto appartamenti. Un terzo del palazzo era occupato, e molte delle case non erano disponibili per l’affitto. Tuttavia, le congetture di Honda continuavano a non convincermi: nella vita reale le cose raramente erano così interessanti. Molto probabilmente gli appartamenti erano troppo danneggiati per essere abitabili.

Per quanto ne sapevo il primo piano era completamente affittato. Più alto era il piano, meno inquilini c’erano. Al mio, oltre me, c’era solo un altro affittuario.

Gli occupanti dell’edificio erano un misto di studenti universitari e giovani professionisti. Non era difficile ricordare le loro facce, dato che non ce n’erano molte. Vivevano tutti da soli tranne una giovane coppia.

“Il padrone di casa vuole affittare esclusivamente a persone sole” mi spiegò l’amministratrice occhialuta del palazzo, Izumi.

Una settimana dopo il mio trasloco mi invitò nel suo appartamento ‒ l’interno 304, che fungeva sia da casa che da ufficio ‒ per ritirare alcuni documenti. Pagavo l’affitto ogni mese



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