Riccardi Roberto - 2009 - Sono stato un numero by Riccardi Roberto

Riccardi Roberto - 2009 - Sono stato un numero by Riccardi Roberto

autore:Riccardi Roberto [Riccardi Roberto]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788880573272
editore: Giuntina
pubblicato: 2009-01-14T23:00:00+00:00


CAPITOLO VIII.

Marcia o muori

ŤSe riesci a costringere il tuo cuore, i tuoi nervi, i tuoi polsi, a sorreggerti anche quando non te li senti piů, e a resistere quando non hai piů niente, tranne la volontŕ che ripete: resisti…ť.

Rudyard Kipling

Se viviamo nel buio, anche la piccola fiamma di un fuoco lontano, ai nostri occhi che da tanto non vedono la luce, puň sembrare una stella. Succede in tutte le cose della vita. Quando siamo abituati a vivere in situazioni difficili, ogni miglioramento, anche il piů lieve, fa una grande differenza. Non conta se la nostra condizione č ai limiti della dignitŕ umana. Per noi č una luce diversa a illuminarla. Ci sentiamo fortunati, privilegiati. A Birkenau avevo trascorso ogni giorno nel terrore. Ora, a Fürstengrube, dopo il lavoro massacrante della miniera, gli incontri di pugilato mi sembravano una pacchia. Prendere botte per riuscire a mangiare un pezzo di pane in piů era la mia piccola fiamma, nel buio del lager. Naturalmente durň poco, un mese circa. Poi arrivň l’ordine di evacuare il campo e conobbi l’ultimo degli orrori della Shoŕ, le Ťmarce della morteť.

Una sera, all’appello, ci annunciarono che la mattina dopo ci aspettava un lungo viaggio a piedi. Tre giorni e tre notti, chi non se la sentiva doveva presentarsi subito in infermeria. Mi consultai con i miei compagni. Alcuni del gruppo ci avevano giŕ lasciati. Sergio e Lamberto Zarfati, i fratelli che conoscevo dai tempi del Pitigliani, non erano piů su questa terra. Passati per il camino, dissolti in una nuvola di fumo nero come milioni di altri.

- Hanno smesso di soffrire - c’eravamo detti. - Meglio per loro, tanto qui per tutti č questione di tempo.

Parole pronunciate per ingannare la tristezza, nessuno di noi le pensava davvero. Erano due ragazzi, come noi cercavano solo di sopravvivere. Tutti lottavamo per la vita, e in fondo al cuore ognuno sperava di avere ancora una possibilitŕ.

Il ricovero in infermeria era una trappola, ma avevamo imparato a non fidarci. - Che facciamo? - Dobbiamo partire. Se ci presentiamo, ci ammazzano subito. Optammo per il viaggio. Ci stavamo ancora chiedendo se avessimo preso la decisione giusta quando ci arrivň la conferma: un rumore di spari nella zona dell’infermeria.

I prigionieri che erano andati a segnarsi per rimanere al campo erano stati eliminati con un colpo di pistola. Avevamo fatto bene a non abboccare. Ma anche ciň che aspettava noi, marciare in mezzo alla neve in pieno inverno, non era uno scherzo.

Marco Funaro fu l’ultimo a decidersi. Si sentiva spacciato in ogni caso. Si era ammalato, era troppo debole per affrontare la marcia. Alla fine scelse l’infermeria: se doveva morire, tanto valeva fare la strada piů breve. Provai invano a convincerlo: - Vuoi andare con le tue gambe a farti ammazzare? - Alberto, lo vedi come sono ridotto. Pensi che potrň camminare per molto? Mi finiranno con un colpo in testa o mi faranno sbranare dai cani. Che senso ha?

Forse aveva ragione, per lui era meglio farla finita subito. Avrebbe evitato altre inutili sofferenze. Entrambi davamo per scontata una cosa che non lo era.



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