Ritratto dell'artista da piccolo. Undici infanzie di scrittrici e scrittori by Marta Barone

Ritratto dell'artista da piccolo. Undici infanzie di scrittrici e scrittori by Marta Barone

autore:Marta Barone [Barone, Marta]
La lingua: ita
Format: epub
editore: UTET
pubblicato: 2023-10-20T12:00:00+00:00


Natalia Ginzburg

Una bambina di nome Natalia Levi gioca in un giardino. Sono gli anni venti del Novecento e lei ha tre, quattro, cinque anni – è nata nel 1916. È il giardino della casa di via Pastrengo, a Torino, dove la sua famiglia si è trasferita da Palermo. Non sono di Palermo, ma di molti posti: i suoi genitori sono uno d’origine triestina, il padre, e una d’origine milanese con mescolanza triestina, la madre. Prima che lei nascesse hanno abitato a Firenze, Sassari, Palermo e poi sono arrivati a Torino nel 1919 perché il padre Giuseppe, scienziato e anatomista, ha avuto una cattedra nella città. Lei è l’ultima di cinque figli, tutti più grandi di lei anche di molti anni. È stato il maggiore dei fratelli, Gino, nato nel 1901, a suggerire il suo nome, le dicono: Natalia, come la protagonista di Guerra e pace. Non ricorda Palermo, aveva tre anni quando se ne sono andati, ma sua madre ne ha nostalgia, ha nostalgia della luce, mentre questa casa di via Pastrengo per quanto grande è buia e umida, crescono i funghi nel gabinetto. In effetti, però, la nostalgia materna non è troppo affidabile: a Sassari rimpiangeva Firenze, a Palermo Sassari eccetera. È quando se ne va da un posto che quel posto comincia a sembrarle bellissimo.

Intanto però la bambina è nel giardino «incolto e selvaggio» della via Pastrengo, dove passa tutto il suo tempo, sola. Nessuno del resto ha tempo per badare a lei. Un bovindo guarda sul giardino, e c’è un ciliegio dove suo fratello Alberto, il più scapestrato, si arrampica con gli amici, e ci sono delle rose di cui nessuno si occupa ma che, misteriosamente, fioriscono lo stesso ogni anno. Ci ronzano i gatti, e uno in particolare, nero, diventa il suo preferito. Cerca di adottarlo, ma fallisce. Soprattutto c’è una bestia immaginaria, lo Zameda, nome tratto da una storia del “Corriere dei piccoli”, una cosa a metà tra il rospo e il maiale, dalle qualità magiche, buone e cattive, sapiente e dispettosa, che diventa sempre più vera per la bambina – le scava persino una sua buca, dove le pare di sentire la sua presenza numinosa. La bambina ha un caschetto di capelli neri, occhi dal taglio allungato ed è sempre vestita con calzoni di fustagno e una «sudicia maglia gialla». Nel giardino c’è anche una vasca asciutta e lei ci si siede dentro a scrivere romanzi. Non li finisce mai, tranne uno, lungo dieci pagine: Le prodezze di madama Neve. C’è anche un disegno, perché si distribuisce equamente su tutte le arti; non ha ancora deciso se vuole diventare una grande scrittrice, o una grande pittrice, o magari una violinista prodigio. Sono segreti, come lo Zameda e molti dei suoi riti e dei suoi desideri, non li dice agli altri per non sciuparli. «Non potevo interpellare nessuno degli adulti che mi circondavano perché li sentivo ridere ogni giorno di cose che per me erano sacre.» Sono così terribilmente adulti, questi adulti, anche se lei



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