Sconosciuto 1945 by Giampaolo Pansa

Sconosciuto 1945 by Giampaolo Pansa

autore:Giampaolo Pansa [Pansa, Giampaolo]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2012-04-29T11:22:25+00:00


Quando sono nata io, il 4 ottobre 1941, lui era a Ko-lozsvar, in Transilvania, una tappa di quei convogli. Scriveva alla mamma: «Sono stato assegnato alla vettura dei feriti gravi, tutti barellati. Sono contento di questo incarico perché avrò modo di essere più vicino a coloro che hanno vissuto la guerra e di esercitare verso di essi tutta la mia umana simpatia e il mio spirito di carità». Dopo due anni di servizio duro sui treni ospedale, papà si è ammalato ed è stato messo in congedo.

Lei mi domanda che cosa pensasse della guerra, ma io non lo so. Ero troppo piccola per saperlo. Quello che posso dirle è che mio padre non era un uomo violento, non lo è mai stato, mai. C’è un episodio che ho appreso dalla mamma. Dopo l‘8 settembre 1943, mentre da Molinetto ritornava in bicicletta a Spinetta Marengo, si è imbattuto in un soldato sbandato che camminava sfinito sulla strada. L’ha caricato sulla canna, l’ha portato qui in casa, gli ha dato da mangiare e da dormire. Quando quel militare è ripartito, papà gli ha detto: «Potrei denunciar-ti, ma non lo farò».

Quando è nata la Repubblica sociale, lui si è iscritto al Partito fascista repubblicano. Anche qui non ha avuto 332

cariche, mansioni speciali, gradi. Poi nel luglio 1944, il segretario del Pfr, Alessandro Pavolini, ha deciso di militarizzare il partito: tutti gli iscritti maschi, dai 18 ai 60

anni, dovevano arruolarsi in una formazione militare, le Brigate nere.

In questo modo, anche papà ha vestito di nuovo la divisa. Da semplice milite della Brigata nera «Attilio Prato», senza partecipare a rastrellamenti o a operazioni contro i partigiani. Frequentava la sede della federazione, ad Alessandria. Penso che facesse lo scritturale, addetto a qualche ufficio. E nient’ altro.

Il 25 aprile la mamma è andata a prenderlo in bicicletta, portandogli un abito civile. Papà è ritornato a ca-sa, in questa villetta. Non ha mai pensato di scappare.

Stava qui, allora il cortile era aperto, non esisteva la re-cinzione che lei avrà notato. Lavorava nel giardino, si faceva vedere.

Che io sappia, non è mai stato minacciato. Si era presentato al Cln di Spinetta e gli avevano detto di stare tranquillo. Si sentiva la coscienza a posto. E non ha avuto paura neppure quando ha saputo che suo fratello Luigi era stato picchiato. Certamente si rendeva conto di quel che stava avvenendo un po’ dappertutto: le vendette, le esecuzioni, le violenze, le stragi. Lo si capisce da un brano scritto sull’ultimo foglio di un suo taccuino segreto.

Diceva: «Il mio cuore piange in silenzio per le sorti della nostra terra. Voi no, voi non avete nessun dolore. Vi sento ridere, vi sento cantare per le strade. A voi nulla importa della nostra terra e avete vent’anni, giovani del mio paese. Voi non sapete che odiare. Il mio cuore, invece, è pieno d’amore per la nostra terra, le nostre case.

Voi non sapete come è bello anche morire per questo amore».

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Poi è arrivata quella notte. Nel nostro alloggio eravamo in quattro: il papà, la mamma, la nonna

paterna e io.



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