Scuola sulla Frontiera by Géza Ottlik

Scuola sulla Frontiera by Géza Ottlik

autore:Géza Ottlik [Ottlik, Géza]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2015-12-25T23:00:00+00:00


16

Nell'inquadramento, il posto di Medve era sull'ala sinistra della prima squadra, in seconda fila. Anche se lo spazio compreso tra la doppia fila di letti mediana e quella accanto al muro interno era largo, quando la compagnia si schierava Medve doveva passare davanti a tutta la prima linea per raggiungere la sua posizione. E la cosa non gli piaceva affatto. Immaginava che tutti lo guardassero con sprezzante ironia. Sapeva quanto fosse sgradevole il momento del ritorno dalla cappella, e si sforzava di mantenere un'espressione indifferente.

Quando Schulze fu uscito, Medve ricevette una gomitata nel fianco dal vicino di sinistra; quel gesto aveva il significato di una domanda. Quando ricevette la gomitata che lo fece vacillare, Medve stava esitando se chinarsi per aggiustarsi la pezza che era scivolata come sempre sulla punta dello scarpone e si era fastidiosamente raggrinzita; e l'avrebbe sicuramente fatto se non fosse stato assorbito da altri pensieri, perché riusciva sempre a scegliere i momenti meno opportuni per questo genere di operazioni. Però non cadde a terra, né uscì dai ranghi, perché nello stesso istante anche l'altro compagno, quello di destra, gli dette uno spintone. Recuperò l'equilibrio prima ancora di averlo perso, e scrollò le spalle.

Non mi interessa. Non sono stato io a romperlo, lasciò intendere con quel gesto. Pongrácz aggrottò la fronte. «Sei uno stupido. Vedrai. Oh oh oh…» comunicò a Medve qualcosa del genere, restando muto.

Per fortuna, pensò Medve, oggi Schulze non può più vessare la compagnia; e così, al massimo, l'avrebbero sbattuto un'altra volta in cella di punizione per ciò che aveva combinato. Non avrebbe dovuto dire che era stato uno del quarto anno a rompere la finestra. Era caduto nella trappola di Schulze. Ingannato dal tono serio, pacato e suadente della sua voce. Eppure, conosceva bene quel comportamento, come tutti gli altri, d'altronde.

Una volta, nel cortile delle esercitazioni, – era l'epoca del primo fango, ancora ridotto e discreto – mentre Schulze, fermo in piedi, comandava alla compagnia «a terra» e loro a ogni ripetizione dell'ordine finivano sempre più lontani, Medve cercò di evitare una pozzanghera e si gettò a terra di traverso, leggermente piegato su un fianco, aspettando in quella posizione il comando successivo, «su!». Il ritmo, però, si bloccò inaspettatamente. Schulze non comandò «su!», avanzò verso la compagnia distesa prona per terra. Fece alzare in piedi solo Medve e, con tono di voce tranquillo, quasi naturale, quasi incuriosito, gli chiese per quale ragione non fosse rimasto allineato con gli altri.

– Forse si è dimenticato di prestare attenzione all'allineamento? – gli domandò, con calma. – O forse c'è qualche motivo particolare? Parli pure tranquillamente, – esortò la recluta. – Io sono un tipo comprensivo. Non si tratterà mica di questa piccola pozzanghera? Parli pure.

– Signorsì, – disse Medve. – Non volevo coricarmi in questa pozzanghera.

– Ah ah! – Schulze gettò la maschera con una terribile metamorfosi.

– Lei non voleva! Oh, posso capirla molto bene! Non voleva inzaccherarsi le manine? Non è vero?

Fece cascare Medve nella trappola, poi iniziò a urlare e si scatenò. Fu costretto



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