Se pianto un albero posso mangiare una bistecca? by Giacomo Moro Mauretto

Se pianto un albero posso mangiare una bistecca? by Giacomo Moro Mauretto

autore:Giacomo Moro Mauretto [Moro Mauretto, Giacomo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Mondadori
pubblicato: 2023-03-15T12:00:00+00:00


Gli alberi non sono tutti uguali

Un albero non è equivalente a un altro: appartengono a specie diverse e possono essere geneticamente differenti tra loro.

La prima questione riguarda la scelta di specie locali; dovrebbe essere una banalità, eppure non lo è. Alcune specie alloctone hanno la caratteristica di crescere in modo esplosivo (i bambù, la robinia, l’ailanto, la paulownia…), altre possono avere fiori appariscenti (come la buddleja) o la capacità di resistere in ambienti difficili (come il fico degli ottentotti); ma piantare alcune di queste specie può provocare disastri a livello ambientale.

Le piante aliene invasive spesso agiscono come trasformatrici degli ecosistemi: soppiantano le specie esistenti e rendono la vita difficile agli animali adattati a quegli habitat. Nel nostro Paese esistono già valli dominate da bambù, l’ailanto sta iniziando a colonizzare quasi tutte le nostre colline, la buddleja sta cambiando gli habitat attorno ai torrenti e ai fiumi e così via. Scegliere specie autoctone per i progetti di afforestazione o riforestazione dovrebbe essere fondamentale per evitare di contribuire all’espansione delle specie aliene o all’introduzione di nuove.

Alla luce di quanto vi ho raccontato, potete capire perché a volte i biologi della conservazione e gli scienziati forestali sono del tutto pronti a tagliare alcuni alberi, creando indignazione nella popolazione: il taglio di un albero, che da un punto di vista del riassorbimento della CO2 è trascurabile, può essere salvifico per la salvaguardia della biodiversità.

Anche gli alberi autoctoni non sono tutti uguali, e non sempre si fanno delle scelte oculate nel momento in cui si pianta. Nel secolo scorso, quando si conoscevano meno questi temi, sono stati fatti molti sbagli: è emblematico il caso delle nostre Alpi, dove nel Novecento in alcune aree sono stati piantati boschi monospecifici di abete rosso per centinaia di chilometri. L’esito di questo grande errore si sta vedendo negli ultimi anni.

A fine ottobre 2018 una tempesta di vento straordinaria con raffiche fino a 200 chilometri orari si è abbattuta su questi boschi monospecifici, con esiti disastrosi. L’evento è stato battezzato Vaia. La pecceta di abete rosso non è il bosco migliore per resistere a forti venti: gli alberi non possono appoggiarsi gli uni sugli altri (come può succedere per le faggete) e le radici di questa specie sono superficiali. Come risultato, il vento ha divelto 40.000 ettari di alberi. Si stima che nello stesso anno in tutta Italia gli incendi abbiano bruciato circa 12.000 ettari; nelle annate più distruttive, come nel 2017, si superano i 100.000 ettari complessivi. In pochi giorni, Vaia ha distrutto 41 milioni di alberi (sempre per ricordare la scala di cui stiamo parlando). Questa storia dovrebbe aiutarci a capire quanto sia importante scegliere la giusta configurazione di piante. Se quei boschi fossero stati diversi, l’impatto sarebbe stato notevolmente minore.

Allo stesso tempo, anche la scelta degli individui è importante nei progetti di riforestazione. Optare per piante con un’ampia variabilità genetica garantisce una maggiore resistenza contro i patogeni e altri problemi, per questo bisogna ottenere piante di qualità da vivai specializzati, e anche qui c’è una brutta notizia.



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