Selvaggia de' Vergiolesi by Giuseppe Tigri

Selvaggia de' Vergiolesi by Giuseppe Tigri

autore:Giuseppe Tigri [Tigri, Giuseppe]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2011-02-17T23:00:00+00:00


CAPITOLO XIV.

L'ESILIO.

«Tu lascerai ogni cosa diletta

Più caramente; e questo è quello strale

Che l'arco dell'esilio pria saetta.»

—— Dante, Paradiso, Canto XVII.

«Quanto bella e utile città e abbondevole si confonde! Piangano i suoi cittadini, formati di bella statura oltre a' Toscani; posseditori di così ricco luogo, attorniato di belle fiumane, e d'utili alpi, e di fini terreni; forti nell'armi, discordevoli e salvatichi; il perchè tal città fu quasi morta.» Così Dino Compagni, l'intemerato storico fiorentino, deplora la trista sorte di Pistoia. Ma nè qui si doveva arrestare il compianto.

Gelosa la parte Nera de' conquistati diritti, non appena fu dentro le mura, volle subito cacciar fuori la Bianca. I nuovi rettori ordinaron che questa fosse scortata fino al primo castello assegnatole, quel di Piteccio, a circa quattro miglia a settentrione della città. Erano i banditi, messer Lippo de' Vergiolesi e tutta la sua casata e consorti; e più altri di Pistoia, popolari e grandi, principali di parte Bianca. Non si trattava già di soldati di ventura, nè di gente d'altro paese italiano, cui agevolmente potessero far ritorno; ma erano i più cittadini d'una medesima terra, della quale per [pg!167] cruda legge eran chiuse le porte, e che lasciavan dietro sè in desolazione tante famiglie. E in qual momento terribile! Dopo un assedio sì ostinato, quando chi per ferite, per fame e per angoscie d'ogni maniera avrebbe avuto maggior bisogno de' loro aiuti!

Se n'uscivano però gli esuli, parte a piedi e parte a cavallo, solo alcuni traendosi seco poche masserizie poste in casse sopra de' muli; tutti, mesti sì, ma invitti dell'animo. Poche le famiglie che esulavano per altre parti d'Italia. Fra queste vogliam ricordare quella del pistoiese Dolcetto de' Salerni, che ebbe l'onore d'imparentarsi con quella dell'Alighieri. Perchè Dolcetto presa dimora in Verona, dove il suo ricco censo gli consentì di comprarvi un palazzo, disposò colà la sua figlia Jacopa a Piero figlio di Dante: al quale, e al fratello Jacopo, dobbiamo la prima revisione e l'ordinamento della Divina Commedia. Del rimanente nobili e popolani se n'andavano insieme a quello stesso confine, assimilati e confusi in una stessa sventura.

Si vedeva infatti uno stuolo di gente del popolo, de' più aderenti de' Vergiolesi, e d'altri capitani, offertisi a' lor servigi, uscir de' primi e accompagnarsi a mo' di scorta a Margherita, la vecchia castalda di Vergiole, che a cavallo si portava come reliquia un forzieretto della sua padrona: e dietro ad essa, reduci alle proprie capanne tanti poveri campagnoli, carichi di quel po' che potevan portare; con le mogli e i figli loro, chi per mano, chi in collo; tutti quanti laceri e rifiniti. In altro gruppo molti bravi operai e militi cittadini, cavalcando a bisdosso que' pochi smunti destrieri che vi eran rimasti, gente forte e risoluta che non avrebber lasciato di seguir le sorti del suo capitan Vergiolesi per tutto l'oro del mondo. Messer Lippo veniva a cavallo con appresso la sua Selvaggia.

A pensar quante volte la nobil donzella se n'era uscita da quella porta sul suo brioso destriero tutta gaia e



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