Spalancare gli occhi sul mondo by Marco Antonio Bazzocchi;

Spalancare gli occhi sul mondo by Marco Antonio Bazzocchi;

autore:Marco Antonio, Bazzocchi; [Bazzocchi, Marco Antonio]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Critica letteraria, Intersezioni
ISBN: 9788815410610
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2023-10-14T22:00:00+00:00


VI

Il passo di Silvia

In questa lettura vorrei riprendere un discorso che mi sembra essenziale a proposito della poesia di Leopardi, in particolare per quanto riguarda il modo, che spesso non consideriamo, in cui lui assume una «postura» particolare quando prende la parola e inizia il suo discorso in versi. Dobbiamo proprio immaginarci la posizione che lui assume per iniziare.

Credo di avervi già anticipato che la poesia di Leopardi contiene spesso, o meglio si sviluppa, o se volete si avviluppa, intorno a un «tu» che è convocato come necessario, che è il soggetto a cui l’io del poeta si rivolge per instaurare un dialogo che poi diventa la poesia stessa. Questo «tu» ha nature difformi, non necessariamente è un individuo reale o umano: nella canzone All’Italia Leopardi si rivolge direttamente alla nazione, ma non in quanto idea astratta. La vede come una donna piegata a terra e umiliata. Nel Passero solitario l’interlocutore è proprio il passero, quel passero che in quel momento sta cantando l’arrivo della primavera. Nella Ginestra il poeta sembra voler convocare nel suo dialogo proprio il fiore, senza mai umanizzarlo: il fiore proprio perché non è umano.

Il fenomeno non è così facile da spiegare e forse non è mai stato affrontato in modo chiaro. Perché Leopardi deve immaginare queste presenze proprio nel momento in cui prende voce, quando cioè la sua voce assume il tono della poesia? Pensiamo all’apertura, all’inizio, a quando sentiamo le prime parole: è in questo momento che Leopardi si slancia verso una presenza che poi gli consente di svolgere il canto poetico. C’è proprio un improvviso aumento di energia vitale che lo spinge a parlare con questo «tu».

Così il canto nasce convocando (o evocando) qualcosa che non c’è, qualcosa che non è realmente di fronte a lui, ma che lui vuole illuderci di avere di fronte. La forza di questa illusione corrisponde al desiderio di evocazione dell’assente, dell’assenza. Pensiamoci bene. All’inizio di una poesia, nel giro di poche parole, quello che non c’era compare di fronte a noi. Lui lo rievoca. Lo fa esistere. Spesso non sente il bisogno di descriverlo ma solo di interpellarlo.

Perché?

Per rispondere a questa domanda vorrei condurre con voi la lettura di un canto famosissimo, forse il più famoso insieme all’Infinito. È il canto dedicato a una donna, A Silvia, come il titolo dichiara in modo molto esplicito. Il canto della rievocazione di un fantasma che appartiene alla memoria ma anche al desiderio. Per ora vorrei trascurare le notizie che di solito i commentatori ci danno sull’identità di Silvia, diciamo che vorrei lasciare da parte il cosiddetto «biografema», cioè l’informazione biografica che ormai si è completamente saldata alla poesia. La voglio rendere subito esplicita, questa identità: è esistita una Silvia reale che però si chiamava Teresa ed era figlia del cocchiere alle dipendenze del padre di Giacomo. La sua morte risale però a molti anni prima.

Divido il mio percorso in sei punti, che enuncio subito per maggior chiarezza: 1. le parole chiave: «salivi» e «limitare»; 2. i gesti di Silvia; 3.



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