Storia di Ismael che ha attraversato il mare by Francesco D'Adamo

Storia di Ismael che ha attraversato il mare by Francesco D'Adamo

autore:Francesco D'Adamo [D'Adamo, Francesco]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Juvenile Nonfiction, Social Topics, General, Juvenile Fiction
ISBN: 9788841876152
Google: 7VrL9Vfi7WgC
editore: De Agostini
pubblicato: 2011-12-19T23:00:00+00:00


CAPITOLO 10

Caro padre,

è da tanto che mi manchi. Quanti giorni sono passati da quando mi hai lasciato?

I primi tempi non mi sono reso conto di quanto mi mancassi. Sì, certo, mi sembrava strano non aiutarti a preparare la barca prima del sorgere del sole e non sentire che mi chiedevi: «Hai preparato le esche, Ismael?»

«Sì, padre.»

«E le nasse, sono pronte?»

«Sì, padre.»

Anche la sera era diversa: non eri seduto a tavola con noi ed era un po’ come non cenare. Notavo l’assenza di tante piccole cose: per esempio il tuo rasoio abbandonato sul bordo del lavandino, o il profumo della schiuma da barba che ti mettevi il venerdì mattina, le volte che potevi rinunciare alla pesca, santificare la festa e andare alla moschea. Avrei dovuto usarlo io quel rasoio, un giorno.

Forse non mi sono accorto subito di quanto mi mancassi perché ho avuto tante cose da fare, sai?, o forse perché non ho mai visto mia madre piangere. Le mie sorelle sì: loro hanno frignato per quattro giorni. Ma era diverso. A loro non potevi mancare quanto dovevi mancare a me.

C’è stata solo una volta, non mi ricordo nemmeno dov’ero e cosa stavo facendo, che così, all’improvviso,

in un momento qualunque, mi ha colpito il dolore per te, ed è stato come un colpo di timone nella schiena, che ti lascia senza fiato, e stai lì, piegato in due, ad aspettare che passi.

È passato.

Ma tu non immagini quanto mi manchi adesso.

Non ti volevo disturbare: mi hai insegnato che bisogna ricordare e onorare i morti ma che non bisogna mai turbare la loro quiete. Ma come faccio, padre? Come faccio ora, senza di te?

A chi si deve rivolgere un ragazzo? Mi sono sempre rivolto a te quando non capivo le cose del mondo e ascoltavo le tue spiegazioni, perché ti sei sempre sforzato di spiegarmi tutto, anche quando mi dicevi: «Noi siamo ignoranti, Ismael, e ci sono tante cose che non ci è dato capire, ma le dobbiamo accettare perché comunque sono

la volontà di Dio».

Oppure quando ti limitavi a scuotere la testa: in quel momento capivo che erano cose più grandi di me, di te

e di tutti noi.

Come la volta in cui ti chiesi quelle cose sulle ragazze e tu non alzasti nemmeno la faccia dalla rete che stavi cucendo e borbottasti: «Chiedile a tua madre queste cose». Allora andai dalla mamma, e lei mi diede uno scappellotto e mi disse: «Chiedile a tuo padre queste cose». Insomma, quella volta non capii, ma...

Ho bisogno di te, padre mio, tu non sai quanto.

O forse lo sai perché là in fondo, dove sei, mi puoi vedere e sentire.

Ci sono troppe cose che non capisco.

Ti ricordi quella volta che mi hai portato a vedere Zizou e che mi hai fatto mettere le scarpe e che ho bevuto due sorsi di birra?

Sì che te ne ricordi. È stato tre giorni prima della

tua morte.

Ecco, io non ho capito la murena.

Spiegamelo, padre.

La murena mi ha morso e il piede si è gonfiato e usciva pus. Se non lo avesse fatto, quella mattina sarei uscito in mare con te e con l’orbo, e saremmo già insieme.



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