The Upper World by Femi Fadugba

The Upper World by Femi Fadugba

autore:Femi Fadugba [Fadugba, Femi]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Mondadori
pubblicato: 2022-09-14T12:00:00+00:00


15

ESSO • PRESENTE

Gli insegnanti sapevano che le zuffe e le aggressioni di solito avvenivano durante il pranzo. Per questo motivo il professor Sweeney e la professoressa Russel sedevano su alte sedie ai lati opposti della mensa, fiutando l’aria per percepire il minimo sentore di rissa.

Con la coda dell’occhio guardai D entrare nella sala. Era con il suo fidato Marcus, quello che sembrava la versione fuggiasca di Dushane nella terza stagione (secondo me, e nessun altro). Marcus era un tipo molto rigoroso: uno studente dai voti altissimi che andava in giro solo con persone a cui non fregava di niente.

Ora si staccò da D e camminò fino in fondo alla sala mensa, in quel momento pattugliata dal professor Sweeney. Dopo essersi guardato da una parte e dall’altra con un sorriso malizioso, si infilò le mani in tasca e gridò a pieni polmoni: «Miiiischiaaaaaaaaaaaaaaa!».

Per i non iniziati, “mischia” era un gioco molto, molto stupido che si faceva a scuola. Cominciava quando qualcuno, e poteva essere chiunque, gettava a terra una moneta da una sterlina, poi gridava “mischia” più forte che poteva. Un’orda di ragazzi allora si tuffava a capofitto per prenderla, e usava pugni, gomiti, le gambe e tutto quello che aveva per accaparrarsi la moneta. In un brutto giorno potevi spaccarti il naso o schiacciarti le dita sotto le scarpe di qualcuno. In una giornata buona te la cavavi con pochi graffi piccoli, un sacco di battute e un modesto trasferimento di ricchezza.

Ma l’idea beffarda di Marcus era stata mettere in palio una moneta da due sterline. Era come passare con un camion pieno di capre vive davanti a un branco di leoni affamati. Un mucchio di ragazzi si ammassarono ai piedi di Marcus, mentre il resto della sala saltava su dalle sedie per vedere chi ne sarebbe emerso con la moneta in mano. Perfino la Russel e Sweeney erano parte della calca.

Il centro di gravità della stanza si era spostato verso il fondo e nel trambusto persi di vista D. Mi guardai il lato esterno delle braccia e vidi che avevo i peli dritti, una cosa che avevo sempre pensato accadesse solo alla gente nei film. Mi stavo chiaramente agitando. E, anche se ero seduto a trenta metri di distanza dal pericolo, mi sentivo comunque trascinato verso una trappola.

Il pensiero di richiamare Kato mi venne in mente troppo tardi: era già dall’altra parte della mensa, a farsi strada in mezzo agli altri per vedere la scena prima che la montagna di contendenti collassasse.

«Coglione» mormorai tra me. Certo, Kato non poteva vedere a che velocità stava correndo il mio cuore, o come le mie ginocchia sbattessero sotto il tavolo, ma conosceva la mia situazione con Bloodshed e sapeva quanto ero spaventato. Ciò nonostante mi aveva abbandonato per guardare dei ragazzi fare a botte per una moneta da due sterline. Nello stesso identico modo in cui mi aveva scaricato ogni altra volta in cui avevo commesso l’errore di fidarmi di lui.

Feci per prendere il mio vassoio, ma un’ombra scura vi cadde sopra.

Era D, il suo dente d’oro che luccicava come la collana che pendeva sopra la maglia della scuola.



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