Trappola per volpi by Fabrizio Silei

Trappola per volpi by Fabrizio Silei

autore:Fabrizio Silei [Silei, Fabrizio]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Giunti
pubblicato: 2019-02-04T23:00:00+00:00


19

Per tutto il viaggio verso Firenze, Vitaliano non aveva smesso un attimo di pensare a Nausica, ai suoi occhi e al suo sorriso, e soprattutto a quel che, ritrovandosi nella stalla da soli per vedere il vitellino nuovo dopo tanti anni, era accaduto e non era accaduto, quel che si erano detti e non si erano detti, mentre ancora tutti alla villa dormivano, tenente compreso.

Non sapeva se sentirsi euforico o depresso e così passava di continuo dallo sconforto alla felicità. Secondo l’antico motto, a seconda di come guardava il bicchiere, lo vedeva ora mezzo pieno e ora mezzo vuoto. Era stato, per dirlo con le parole di Pietro, il solito fagiano. Dopo il bacio avrebbe potuto fare e dire, ma invece la sua timidezza lo aveva lasciato di sasso, con la gola secca, incapace di muoversi o di osare alcunché. Ci aveva fatto la figura dell’allocco, altro che del fagiano.

Era arrivato per primo alla stalla. Dopo una notte piena di sogni e di ricordi, era arrivato per primo. Era entrato nella stalla fresca nonostante la stagione e i vapori del fiato delle bestie e aveva guardato a lungo il vitellino dagli occhi grandi e lucidi, attaccato alle mammelle della madre, voltarsi verso di lui sospettoso, senza smettere di succhiare. Quell’immagine l’aveva commosso, si era seduto su un covone di fieno e subito si era reso conto di quanto fosse stato stupido a crederci. Nausica era una contessina istruita e di buona famiglia, non sarebbe venuta a vedere quel vitello. L’occasione offerta loro da Pietro per farli incontrare da soli dopo tanto tempo sarebbe andata, com’è naturale, sprecata.

Dall’ultimo vitellino che avevano visto insieme da bambini erano passati troppi anni; la bestia era di certo un vecchio toro oramai, o, più probabilmente, era diventata bistecche già digerite da decenni. Così, anche loro non erano più loro; usciti da quell’infanzia che li rendeva uguali appartenevano ora a due mondi diversi… lontani.

Proprio mentre pensava a tutto questo, la porta si aprì alle sue spalle e lei era comparsa con indosso un abito sportivo: i pantaloni da amazzone, la camicia bianca e gli stivali da cavallerizza. Chiudendosi dietro la porta l’aveva subito canzonato, come se dal loro ultimo incontro in quella stalla da bambini non fossero passati che pochi giorni: «Ti sei alzato presto, commissario!».

«Anche voi…» aveva balbettato lui alzandosi di scatto e trovandosi di fronte a lei. «Sono solo… un vice…» non aveva potuto far a meno di precisare.

«Voi?» aveva domandato lei guardandosi intorno. «Mi dai del voi adesso? Ci davamo del tu una volta. A proposito, non ti ci vedo proprio a dar la caccia agli assassini! Pensavo volessi fare il poeta o il professore» aveva detto sorridendo, e poi: «Allora? Com’è? È bello? È grosso il vitellino?» e gli era passata davanti per andare a vederlo.

«Mi pare proprio di sì…» aveva detto lui, non sapendo cos’altro aggiungere.

Allora lei si era voltata, l’aveva guardato e non aveva detto nulla. Lui aveva sorriso. «Pietro ha ragione…» aveva mormorato. «Ti sei fatta bellissima.»

«Hai bisogno che te lo dica Pietro o lo pensi anche tu?»

«Anch’io…» aveva mormorato lui arrossendo.



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