Tre uomini in bicicletta by Francesco Altan Paolo Rumiz

Tre uomini in bicicletta by Francesco Altan Paolo Rumiz

autore:Francesco Altan Paolo Rumiz [Paolo Rumiz, Francesco Altan]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 978-8807840135
editore: Feltrinelli
pubblicato: 2008-01-01T05:00:00+00:00


UNDICESIMA TAPPA: PIROT - SOFIA

Lunghezza: 93 km

Tempo effettivo di pedalata: 4 h e 20'

Media: 21.7 km/h

Partenza: 8.30

Arrivo: 15.40

La tappa, di media difficoltà a causa di una lunga salita, non presenta problemi di orientamento. La strada, dritta e piana, dopo il confine bulgaro inizia a decollare con una pendenza moderata, attorno al 3%. I 22 km di salita si affronteranno con rapporti medio-bassi, cui seguirà una veloce e altrettanto lunga discesa. La monotonia dell'andamento rettilineo della direttrice Pirot-Sofia e il sole, d'intensità meridionale, saranno compensati dallo scarso traffico, che diventerà fastidioso solo una quindicina di chilometri prima di arrivare nella capitale bulgara. L'orientamento, da qui in poi, s'invischierà per il ciclista nei caratteri esclusivamente cirillici della segnaletica stradale che trasformano ogni incrocio in un quiz. Un consiglio: prima di partire, fatevi un piccolo "autocorso" di alfabetizzazione.

Una volta tra Istanbul e Belgrado tuonavano i Tir. Oggi la strada sulla frontiera serbo-bulgara è un deserto sotto il sole. "Go east!", il rettilineo che va a est è interminabile, vuoto; pare la strada corsa da Forrest Gump attraverso la Monument Valley. "Bulgari? Buona gente, polizia mafiosa" ci dice un uomo a Dimitrovgrad, ultimo paese iugoslavo. E ancora: attenti alle bici, ve le rubano. E occhio ai randagi di Bucarest, amano i polpacci. All'ombra di un cavalcavia una decina di taxi aspetta i curdi in fuga verso occidente. "Go west!" è il grido del clandestino, e il nostro andare controcorrente pare un lusso da ricchi.

Confine enorme, totalitario, deserto. Corsie inutili, vasche inutili per la disinfezione delle ruote, parcheggi inutili, un esercito inutile di funzionari. Qui non passano che cani randagi. Ce ne sono a decine e si dividono in due tipi. Quelli miti, che guardano con speranza ogni raro passante in arrivo, e quelli che ringhiano ai medesimi per farsi benvolere dai guardiani in divisa. Per entrambi un tentativo inutile, perché passanti e guardie ignorano quel gran movimento canino, fatto di latrati e scodinzolii.

Il vento fa rotolare immondizie, sacchi di cellophane. È ciò che resta della spesa dei bulgari in Serbia. Ma il simbolo più sublime dell'abbandono della strada che fu dell'Orient Express è una donna con un camicione grigio, carcerario, che va trascinando sull'asfalto il suo quintale di peso e una scopa di saggina che par pesare altrettanto.

Si scollina sui monti della Stara Planina, la montagna antica, che poi fu chiamata Balcani e ora da il nome alla polveriera d'Europa. Monti abbandonati, inverni duri e monasteri che celano il segreto di questo Sudest senza pace. Parte la discesa su Sofia, il paesaggio si rifà infuocato, Emilio va in fuga, diventa un puntino nelle praterie. Nella campagna l'uomo sparisce; a Dragoman - brutto paese dal nome perfetto per un libro di Tolkien - non c'è un chiosco con bibite, non un orto. Trionfano gli atroci edifici della collettivizzazione. E davanti a noi un rettifilo interminabile che annichilisce.

Altan pigia in silenzio. Istanbul, sei davvero un atto di fede, laggiù, in fondo al Mar di Marmara, con le tue cupole nella sera. Poi, Sofia sorge dal nulla con i grattacieli che non rivelano subito il suo cuore ottocentesco.



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