Tutto quello che siamo by Federica Bosco

Tutto quello che siamo by Federica Bosco

autore:Federica Bosco [Bosco, Federica]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Juvenile Fiction, General
ISBN: 9788852069185
Google: PdCzCgAAQBAJ
editore: Edizioni Mondadori
pubblicato: 2015-10-27T17:36:32+00:00


14

Due ore e mezzo dopo Filippo era già pronto e pettinato e mi aspettava sulla porta della camera.

Io invece ero uno straccio.

«Eccomi!» gli dissi rotolando giù dal letto e trascinandomi fino a lui sui gomiti. «Sono quasi pronta!»

«Scema!» mi disse ridendo. «Sei in ritardo!»

«Arriveremo in orario, te lo prometto, e poi la messa non può cominciare senza di te!»

Mi preparai in quindici secondi e uscimmo di casa, ma appena vidi il murales non potei fare a meno di fermarmi.

Accanto allo gnomo ingessato adesso c’era una buffa gnometta con delle carte da gioco e delle matite fra i capelli e l’unicorno a quadri bianchi e neri adesso era a colori e aveva gli occhi storti e l’aria ubriaca.

Presi per mano Filippo e corremmo fino alla chiesa, che per fortuna era a due passi da casa.

Durante l’omelia ebbi dei tremendi colpi di sonno, e non feci che sbadigliare, tanto che la signora accanto a me mi disse che la notte avrei fatto bene a dormire invece di andare in discoteca, ricordandomi di portare rispetto nella casa del Signore.

La ringraziai del consiglio e le promisi che non avrei mai più messo piede in una discoteca, o avrei venduto ancora il mio corpo per comprarmi la droga.

Si spostò.

«Pattinare!» gridò Filippo dopo la messa. «Voglio andare a pattinare!»

«Pattinare?» ripetei stravolta. «Ma non preferisci... non so... il planetario?»

«Che palle il planetario!» rispose. «Voglio imparare ad andare sui rollerblade!»

Sospirai.

«Da chi hai imparato a dire “che palle”?»

«Da te!»

«Giusto» ammisi, «però c’è una legge che ti vieta di dirlo prima dei diciotto anni, altrimenti sarai multato.»

«E chi me la fa la multa?» rispose furbetto.

«Io naturalmente!» gli dissi e cominciai a fargli una valanga di solletico.

Che musica per le mie orecchie quando rideva.

Ci incamminammo verso la fermata dell’autobus (o meglio, mi ci trascinai), vedendo sfumare ogni speranza di recuperare il sonno perduto, e mi immaginai di nuovo al pronto soccorso con un menisco in frantumi e Mario l’infermiere che mi dava la tesserina punti come a Nicholas.

Nicholas...

L’uomo del mistero.

Ripensai all’ultimo abbraccio, così vero, così intenso, così profondo. Mi vennero i brividi.

Chissà dov’era, cosa faceva e soprattutto chi era. Esisteva veramente o me l’ero inventato io?

Ma in fondo, aveva ragione lui: perché offuscare tutta la magia con la banale realtà fatta dalle solite cose e dai soliti problemi?

Era giusto crearsi una piccola oasi in un mondo fantastico, colorato con le vernici spray e abitato da gnomi e unicorni ubriachi.

La mia negazione assoluta per il pattinaggio fu evidente dopo sette minuti esatti, mentre Filippo sembrava fosse nato coi roller ai piedi.

«Dài, lentona! Prendimi!» mi gridava da dieci metri buoni.

«Vai pure avanti, Filippo» gli gridai alla terza caduta, «non preoccuparti per me, io ti aspetto su quella panchina» dissi arrancando con i piedi a papera e sedendomi come un sacco.

Mi fece una (meritatissima) linguaccia con spallucce, sdegnato, e continuò a pattinare come se non avesse mai fatto altro in vita sua.

Per tutta risposta io mi accesi una sigaretta e tirai fuori il cellulare.

“Allora?” scrissi a Dario.

Ma non vidi nessuna spunta incoraggiante, dato che, sicuramente, beato lui, stava dormendo.



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