Un'educazione esemplare by Nicola Fosca

Un'educazione esemplare by Nicola Fosca

autore:Nicola Fosca [Fosca, Nicola]
La lingua: eng
Format: epub
Tags: Nicola Fosca;infanzia;adolescenza;conflitto valori
editore: la Bussola
pubblicato: 2024-01-14T23:00:00+00:00


XII.

Quando c’era ancora luce, quasi alle cinque, ci ritrovavamo in un campetto pieno di sporcizia, scatoloni abbandonati ed erbacce. Qui facevamo parecchi giochi: nascondino, palla avvelenata ed anche calcio.

Quest’anno c’era fra noi uno a cui piaceva organizzare tutte le cose: quando giocavamo a calcio, ci aveva diviso in tre squadre, che si scontravano fra loro. Ogni partita durava trenta minuti. Alla fine vinceva chi aveva più punti e chi faceva più gol. La scorsa settimana, la mia squadra, quella rossa, era giunta al secondo posto. Oggi si iniziava un altro torneo: oltre al rosso, altri due colori erano il colore delle altre squadre: blu e bianco. Il colore lo indicava una fascetta legata al braccio; poi alcuni si divertivano a nominare le squadre con i grandi nomi: Inter, Juventus, Milan.

A me non dava fastidio essere della squadra rossa, perché non c’era quella nostra, che non era una grandissima squadra. Molti ragazzi facevano parte della nostra scuola, di più classi, ma molti erano anche della scuola vicina. La prima partita in programma era Inter-Milan.

Tutti ci divertivamo; anche noi che non giocavamo incitavamo i nostri compagni.

Ad un certo momento un ragazzo di seconda colpì con un calcio l’avversario. Siccome non c’era l’arbitro, molti cominciarono a spintonare gli altri, a caso: alla fine fu data una punizione, perché non c’era per terra nessuna linea che segnava l’area di rigore. Le risse non si ripeterono più. Siccome c’era molto tempo per passare alla prossima partita, decisi di fare una corsetta attorno al campo: «Forza, Mirco. Vediamo chi vince.»

Non c’era storia, perché già dall’inizio vincevo io: Mirco era abbastanza scarso nella corsa. Faceva abbastanza caldo, e la corsa era al sole, quindi eravamo tutti e due sudati: tanto fra poco c’era la partita! All’improvviso vidi venire mio padre: era alterato e urlava qualcosa che non compresi. Mirco scappò. «Leo, guarda come sei ridotto! Sei una pena!» E giù uno schiaffo in pieno volto. «Vai subito a casa, poi quando ritorno avrai il resto! Gli altri giocano, ma lui no! Fa anche le corse al vento attorno al campo!» Scappai a casa, dove mi accolse la mamma, che mi vide tutto rosso e sudato: «Leo, cosa è successo?»

Io riuscivo appena a parlare, fra un singhiozzo e l’altro: «Mi ha … picchiato… Papà mi ha picchiato,» e giù i pianti. «Vieni, andiamoci a lavare. Sei ridotto male, però. E cosa hai fatto?» «Niente, stavo … giocando con gli amici. Poi è venuto all’improvviso … papà … e mi ha dato una sberla.» «No, qualcosa devi aver fatto.» «E poi stasera … mi aspetta il resto.» «Non ti preoccupare del resto: non ci sarà.»

La mamma era molto triste; la sberla sembrava presa da lei: «Dimmi la verità, Leo: che cosa hai fatto? Stavi facendo una rissa con i compagni, vero?» «Ma no, mamma: stavo solo giocando, anzi stavo corrrendo attorno al campo con Mirco. Il papà mi ha visto e …»

Il trillo del telefono: «Ah, ciao! Non torni stasera? Non ti devo aspettare? Va bene, caro.» E rivolta a me: «Era il papà; ha impegni di lavoro e non torna a mangiare.



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