Valerio Massimo Manfredi by Alexandros

Valerio Massimo Manfredi by Alexandros

autore:Alexandros
Format: epub


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Il comandante del presidio di Kelainai fece passare i due giorni convenuti e poi si arrese, e buona parte del tesoro del governatore passò nelle casse dell’esercito macedone. Alessandro lo conservò al suo posto e lasciò alcuni suoi ufficiali e un modesto contingente di soldati a presidiare la fortezza. Poi riprese la strada del Nord.

Quando arrivò a Gordio, dopo cinque giornate di marcia attraverso l’altopiano coperto da un lieve strato di neve, trovò Parmenione ad aspettarlo. Il generale aveva messo delle vedette sulle colline attorno all’antica città frigia ed era stato avvertito non appena lo stendardo rosso con la stella argeade in oro era apparso sul bianco accecante.

Il vecchio generale andò incontro ad Alessandro con una scorta d’onore comandata da suo figlio Filota; quando fu a poca distanza, fece schierare la guardia e avanzò da solo a piedi tenendo il cavallo per la cavezza. Anche il sovrano smontò e gli andò incontro a piedi, mentre l’esercito levava alte grida di saluto e di gioia per il felice ricongiungimento dei due contingenti.

Parmenione abbracciò e baciò il re su tutte e due le guance: «Sire, non puoi immaginare quanto sia contento di vederti. Ero molto preoccupato perché non riusciamo a capire le mosse dei persiani».

«Anch’io sono molto contento di vederti, generale. Tuo figlio Filota sta bene? E i tuoi uomini?»

«Stanno tutti bene, sire. E hanno preparato una festa per il tuo arrivo. Ci sarà da bere e da divertirsi.» Mentre parlava, si incamminò a piedi con Alessandro, e Bucefalo ogni tanto spintonava il suo padrone con il muso per attirare la sua attenzione. L’esercito intero procedeva dietro di loro e l’intera cavalleria, data l’ampiezza della spianata, avanzava schierata su un vasto fronte, su tre sole file, sicché faceva una grande impressione vedere due uomini a piedi che passeggiavano tranquillamente in mezzo a quello sterminato altopiano, seguiti da quell’imponente schieramento e dal rombo di decine di migliaia di zoccoli al passo.

«Sono arrivati i nostri rinforzi?» chiese il re.

«Purtroppo no.»

«Sai almeno se sono in avvicinamento?»

«Non ancora.»

Alessandro continuò a camminare in silenzio perché la domanda che voleva rivolgergli ora gli pesava molto. Parmenione taceva per non metterlo in imbarazzo.

«Lui dov’è?» chiese a un tratto Alessandro come se si informasse su un argomento di nessuna importanza.

«Sisine è tornato con il tuo messaggio a voce e io non ho fatto che eseguire i tuoi ordini. Aminta è sotto custodia nei suoi alloggiamenti e ho messo temporaneamente Filota al comando della cavalleria tessala.»

«Come l’ha presa?»

«Male, ma era prevedibile.»

«Mi sembra impossibile. Mi è sempre stato fedele: l’ho visto rischiare in molte occasioni la sua vita.»

Parmenione scosse la testa. «Il potere corrompe molti uomini» osservò. Ma dentro di sé pensava “tutti”. «Tuttavia non abbiamo nessuna prova che lui avesse accettato.»

«Il messo persiano con la lettera?»

«È mio prigioniero. E posso mostrarti la lettera che aveva con sé.»

«È in greco o in persiano?»

«È in greco, ma mi sembra normale. Il Gran Re ha molti greci, fra cui non pochi ateniesi, alla sua corte: non ha certo difficoltà a far redigere un documento di quel genere.



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