Vita di Pi by Yann Martel

Vita di Pi by Yann Martel

autore:Yann Martel
Format: epub, mobi
pubblicato: 2011-08-04T16:00:00+00:00


CAPITOLO 54

Piovve per tutta la notte. Una notte terribile e insonne. Rumorosa. La pioggia tamburellava sul raccoglitore di acqua piovana, e intorno a me udivo un sibilo provenire dalle tenebre: era come trovarsi in una grossa tana di serpenti inferociti. Quando il vento cambiava, anche la direzione della pioggia cambiava e così le parti del mio corpo che cominciavano ad asciugarsi si bagnavano daccapo. Spostavo il raccoglitore di acqua piovana e dopo pochi minuti scoprivo con immensa afflizione che il vento era di nuovo cambiato. Cercai di mantenere asciutta e calda una piccola parte del mio corpo, quella intorno al petto, dove tenevo il manuale di sopravvivenza; ma la pioggia riuscì ad arrivare persino là, con una determinazione perversa.

Passai la notte intera scosso da brividi di freddo. Ero ossessionato dal pensiero che la zattera potesse spaccarsi, che i nodi che mi tenevano legato alla scialuppa si allentassero, che uno squalo mi attaccasse. Controllavo incessantemente nodi e legature, tastandoli con le mani, come un cieco legge il Braille.

La pioggia si intensificò e il mare divenne più agitato man mano che la notte avanzava. La fune legata alla scialuppa sopportava strattoni sempre più forti, e il dondolio divenne violento e irregolare. La zattera continuava a galleggiare e seguiva il moto delle onde, ma ormai era completamente immersa in acqua e le onde che la sovrastavano mi travolgevano come un fiume travolge un sasso. Il mare era più caldo della pioggia, ma per tutta la notte nemmeno un angolino del mio corpo rimase asciutto.

Almeno riuscii a bere. Non avevo molta sete, ma mi sforzai di bere. Il raccoglitore d'acqua assomigliava a un ombrello rovesciato. La pioggia si raccoglieva al centro del raccoglitore, dove c'era un buco che un tubo di gomma collegava a una sacca di plastica spessa e trasparente. All'inizio l'acqua sapeva di gomma, ma la pioggia sciacquò velocemente il raccoglitore e in breve il sapore divenne gradevole. Durante quelle lunghe ore, fredde e buie, mentre l'invisibile ticchettio della pioggia diventava sempre più assordante e il mare sibilava e si contorceva intorno a me percuotendomi, mi aggrappai a un unico pensiero: Richard Parker. Architettai diversi piani per liberarmi di lui e prendere così pieno possesso della scialuppa.

Piano numero uno: buttarlo fuori dalla scialuppa.

A cosa sarebbe servito? Anche se fossi riuscito a spingere un animale di più di duecento chili, vivo e feroce, fuori dalla scialuppa, non avrei risolto nulla: le tigri sono esperte nuotatrici. Si racconta che nella zona di Sundarbans arrivino a percorrere fino a otto chilometri in acque aperte e agitate.

Se Richard Parker si fosse ritrovato di colpo in mare, si sarebbe semplicemente messo a nuotare, quindi si sarebbe arrampicato sulla scialuppa e mi avrebbe fatto pagare caro il mio tradimento.

Piano numero due: ammazzarlo con le sei fiale di morfina.

Ma non avevo la minima idea di che effetto avrebbero avuto su di lui. Erano sufficienti a ucciderlo? E come avrei fatto a iniettargliela? Potevo anche concepire di riuscire a sorprenderlo, per una volta, per un attimo, come era stata sorpresa sua madre quando l'avevano catturata.



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