Vite ai bordi by Annamaria Zito

Vite ai bordi by Annamaria Zito

autore:Annamaria Zito [Zito, Annamaria]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788899947873
editore: Leucotea
pubblicato: 2018-12-12T23:00:00+00:00


Solo quando gli occhi furono nuovamente aperti, Ife capì di non essere morta. Quel risveglio era giunto inatteso. La crudeltà di quell’uomo aveva lasciato i segni, ma non era riuscita ad ammazzarla. E a lei non sembrava vero di essere sopravvissuta a tanta violenza. Quando i dolori cominciarono ad affiorare, pensò che sarebbe stato meglio morire. Ne era intrisa come una spugna, zuppa al punto da non riuscire più ad assorbire altro.

Giaceva sul materasso gettato sul pavimento della sua nuova stanza. La mano sinistra, gelida, era legata al termosifone con una corda sporca e sfilacciata.

A meno di un metro dal suo corpo – distesa in una posizione scomposta – l’altra dormiva profondamente. Indossava sempre gli stessi abiti. Anche Ife la sera precedente era stata costretta a mettere indumenti simili. Una maglia nera di cotone con una scollatura profonda, troppo sottile per la temperatura che c’era fuori. Sotto, una gonna verde e di tessuto elasticizzato. Talmente corta da lasciare intravvedere le mutandine. Sicuramente di una taglia più piccola. A Ife non erano toccati gli stivali, ma un paio di stiletti di vernice rossa col plateau molto alto. Non ne aveva mai indossato uno e la mancanza di esperienza aveva reso il passo della ragazza goffo e incerto. Camminava barcollando, ogni volta rischiando di farsi male.

Ife si guardò intorno e notò che l’altra stava con la guancia destra spiaccicata sul materasso. Aveva la bocca aperta e una goccia di saliva le scendeva sul mento. Si agitava come se degli impulsi nervosi le attraversassero i piedi e le mani. Era tormentata e forse Ife ne conosceva il perché. Riusciva a immaginarla sulla strada, con gli abiti striminziti, infreddolita. La strada, la stessa che lei con le unghie e con i denti aveva rifiutato.

La tapparella era chiusa. E la luce del giorno cominciava a oltrepassare le lamelle di plastica.

In casa c’era ancora silenzio. Mentre l’altra dormiva, Ife provò a pensare cosa le sarebbe accaduto di lì in avanti. Le bastò allungare lo sguardo a due passi da sé per comprendere quale sarebbe diventata la sua consuetudine.

La compagna di stanza avrebbe dormito ancora per poco, poi colta da un brusco risveglio, sarebbe tornata controvoglia sulla strada. Si ricordò di cosa era accaduto la mattina precedente, quando ancora viveva nella speranza di una promessa.

Avevano bussato alla porta e lei, con le braccia conserte e la testa inclinata in avanti, si era contratta per lo spavento.

Confusa, aveva avuto la tentazione di allungare la mano alla maniglia. Senza alcuna certezza che quel richiamo fosse destinato a lei, si era ritrovata due passi più in là a sfiorare il metallo freddo. Viveva in attesa di essere chiamata. Non voleva dare di sé una cattiva impressione. Doveva piacere, perché aveva bisogno di quel lavoro. Eniola aspettava i suoi soldi e poi c’era la questione del debito. Doveva piacere a ogni costo.

Improvvisamente dall’altro lato della porta, proprio a filo della superficie di legno, una voce urlò «Stephany!» D’istinto Ife ritrasse il braccio; non era lei che cercavano. Con la coda dell’occhio notò che l’altra iniziava a muoversi.



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