Von Arnim Elizabeth - 1940 - Mr Skeffington by Von Arnim Elizabeth

Von Arnim Elizabeth - 1940 - Mr Skeffington by Von Arnim Elizabeth

autore:Von Arnim Elizabeth [Von Arnim Elizabeth]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fiction, Classics
ISBN: 9782264023889
Google: 29L4AwAAQBAJ
Amazon: 2264023880
editore: n/a
pubblicato: 1998-11-14T23:00:00+00:00


VII.

Griffiths era uno di quegli autisti che non amano aspettare al freddo, tantomeno al freddo di un posto come Bethnal Green. Perciò, quando Fanny entrò nell’auto e meccanicamente disse, «A casa» egli la portò a casa, vale a dire in Charles Street, anche se sapeva bene che lei intendeva il Claridge. Agì in quel modo spinto dall’irritazione.

Questa semplice mossa ebbe conseguenze del tutto inaspettate e con decorrenza immediata, non appena si arrivò in Charles Street, per poi continuare a svolgersi, in modi assai inattesi, durante le settimane successive. Giunta a Charles Street, infatti, Fanny avendo la sensazione di non essere all’entrata del Claridge, guardò fuori dal finestrino interrogativamente e stava per chiedere a Griffiths perché mai l’avesse portata lì e ingiungergli di proseguire quando nel silenzio della domenica sera udì una musica. E con stupore si rese conto che proveniva da casa sua.

Anche Manby l’aveva sentita. Dal sedile accanto all’autista, si volse verso la padrona con un sussulto che esprimeva sorpresa. Anche Griffiths aveva sentito e si era stupito, e aveva guardato con curiosità in direzione delle finestre oscurate. Ma Griffiths, diversamente da Manby, era più compiaciuto che sorpreso: odiava il maggiordomo e fiutava guai in arrivo per lui.

«Beh…» disse Fanny incerta, guardando all’insù verso il primo piano, dove si trovava il salotto e da dove sembrava provenire la musica. Comunque le stanze non parevano illuminate. Tutto era buio e serrato. Manby le aprì la portiera. «Sua signoria desidera uscire?» chiese.

«Sì, credo di sì» disse Fanny scendendo dall’automobile; e avendo trovato la chiave aprì la porta d’ingresso e accese le luci.

«Bene» disse, fermandosi per guardarsi attorno.

L’atrio era pieno di cappotti, giacche, sciarpe, cappelli e galosce. Evidentemente c’era una festa in corso e, altrettanto evidentemente, come si poteva dedurre dal tipo di indumenti impilati sulle sedie, si trattava di una festa della servitù. Avendo sentito che si sarebbe trattenuta fuori Londra per il fine settimana, e sapendo comunque che si era stabilita al Claridge, i suoi domestici avevano colto al volo l’opportunità di comportarsi male; proprio i suoi domestici, la cui devozione dava per scontata, certa che non si sognassero nemmeno di fare nulla dietro le sue spalle che non facessero apertamente davanti a lei.

Fanny era sbalordita. Credeva che i più anziani fossero troppo anziani per quel genere di cose, e che avrebbero tenuto i meno maturi sotto controllo. Non sapeva quanto fosse giovane la ragazza che il maggiordomo, fino a poco prima vedovo, aveva sposato di recente. Era costei che, morendo dalla voglia di un po’ di divertimento, aveva corrotto l’infatuato marito.

La festa sarebbe avvenuta necessariamente in uno spazio molto limitato, visto che la facciata della casa doveva rimanere buia e si potevano usare solo le stanze sul retro: la biblioteca al piano di sotto e la parte posteriore del salotto al piano di sopra. Inoltre era domenica e, ignorando l’esempio del loro superiore, la maggior parte dei domestici quel giorno non ballavano. Non per questo si doveva rinunciare a una festa vivace. Si poteva suonare, ad esempio. Nessuno aveva niente da obbiettare alla musica.



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