Young Sherlock Holmes - 02 Fuoco ribelle by Andrew Lane

Young Sherlock Holmes - 02 Fuoco ribelle by Andrew Lane

autore:Andrew Lane
La lingua: ita
Format: azw3, mobi
pubblicato: 2016-06-20T22:00:00+00:00


CAPITOLO DIECI

Dormì per un po’, sebbene fosse solo metà pomeriggio: un sonno agitato, popolato da immagini di Matty legato al buio e impotente, che si chiedeva piangendo dove fossero i suoi amici. Quando si svegliò, si rese conto di avere le guance rigate di lacrime, e impiegò qualche minuto prima di ricordarsi dove si trovasse e cosa gli fosse accaduto.

Aveva il corpo indolenzito, i polmoni in fiamme, e sul collo, dove Grivens l’aveva stretto fino quasi a soffocarlo, erano spuntati dei lividi. Provò a chiedersi se provasse orrore per quello che aveva fatto, ma non gli pareva. Rammarico, quello sì. Gli dispiaceva che un uomo fosse morto, ma niente di più.

Rimase sdraiato a ricordare Grivens, per distrarsi dal pensiero di Matty, e concentrò l’attenzione sul tatuaggio blu iridescente sul polso dell’uomo: era stato quel particolare a dargli la certezza di essere spiato. Aveva sempre pensato che i tatuaggi fossero puramente decorativi (se mai aveva riflettuto su una cosa simile), ma quella visione era quantomeno riduttiva. I tatuaggi erano un sistema di riconoscimento, di identificazione. In questo caso, gli avevano permesso di identificare l’uomo che lo pedinava per conto degli americani in fuga. E, a quanto aveva detto l’assistente di bordo, era possibile riconoscere un tatuatore dallo stile, proprio come si poteva distinguere un quadro di Vermeer da un Rubens. O anche, concluse, ripensando ai dipinti nell’ingresso di Holmes Manor, un Vernet. Nella sua testa si fece strada l’idea di un’enciclopedia dei tatuaggi, con rimando ai luoghi in cui i disegni erano stati realizzati e agli artisti che li avevano fatti. Era possibile che esistesse una cosa simile?

Dopo un po’ capì che rimanere a letto non avrebbe portato a nulla, quindi si alzò e uscì.

Il sole picchiava sul ponte della SS Scotia. Tutt’intorno, l’orizzonte era una linea piatta: pareva di trovarsi al centro di una ciotola di porcellana azzurra capovolta. Non c’era niente a indicare che la nave si stesse muovendo; perfino gli uccelli marini, immobili, sembravano appesi in cielo.

Dopo pochi minuti Sherlock sentì le note di un violino; era da un po’ che suonava e lui non ci aveva fatto caso. Rufus Stone? Poteva essere; era improbabile che a bordo ci fossero due violinisti, e inoltre cominciava a riconoscere alcuni elementi tipici dello stile di Stone: la fiorettatura che inseriva alla fine di certi fraseggi, e il modo in cui le dita della mano sinistra si muovevano rapide durante gli arpeggi più complessi.

Sherlock cercò Rufus e lo trovò nel suo solito angolino, vicino alla prua.

Questa volta non c’era nemmeno uno spettatore: forse, alla fine, si erano annoiati tutti.

«Cominciavo a temere che aveste abbandonato le nostre lezioni, come si fa con un fazzoletto ormai logoro» lo apostrofò Stone senza smettere di suonare.

«Ho avuto un pomeriggio... impegnativo» rispose Sherlock. «Ma adesso sono qui.»

«Cominciamo, dunque.» Rufus interruppe la musica e abbassò lo strumento. «Avete qualche domanda, prima di verificare quali delle posizioni acquisite stamani siete ancora in grado di ricordare?»

Sherlock rifletté per un momento, poi chiese: «Qual è il vostro brano musicale preferito? È quello di Bruch che suonavate stamattina?»

Rufus si fermò, pensoso.



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