Adichie Chimamanda Ngozi - 2009 - Quella cosa intorno al collo by Adichie Chimamanda Ngozi

Adichie Chimamanda Ngozi - 2009 - Quella cosa intorno al collo by Adichie Chimamanda Ngozi

autore:Adichie Chimamanda Ngozi
La lingua: ita
Format: mobi, epub
Tags: Foreign Languages, Contemporary Fiction, Italian, Foreign Language Fiction, Literature & Fiction
ISBN: 9788858424698
editore: Einaudi
pubblicato: 2017-01-29T23:00:00+00:00


Quella cosa intorno al collo

Pensavi che in America avessero tutti la macchina e la pistola; anche i tuoi zii e cugini lo credevano. Avevi appena vinto la lotteria per il visto americano e ti dicevano: Tra un mese avrai il macchinone. E presto una casa grande. Ma non comprarti la pistola come gli americani.

Sono arrivati a frotte nella stanza di Lagos dove vivevi con tuo padre, tua madre e tre fratelli. Appoggiati alle pareti senza intonaco perché non c’erano abbastanza sedie per tutti, ti hanno salutato a voce alta aggiungendo, sottovoce, quello che volevano che gli mandassi. Se paragonate alla macchina e alla casa (e magari alla pistola), erano tutte cose di minore importanza: borse, scarpe, profumi e vestiti. Hai risposto che non c’erano problemi.

Il tuo zio d’America, che aveva inserito i nomi di tutti i membri della tua famiglia nella lotteria per il visto, aveva detto che potevi stare da lui finché non te la fossi cavata da sola. Ti è venuto a prendere all’aeroporto e ti ha comprato un grosso hot dog con la senape gialla che ti ha fatto venire il voltastomaco. Ecco gli Stati Uniti, ha esclamato ridendo. Viveva in una cittadina di bianchi nel Maine, in una casa di trent’anni vicino a un lago. Ti ha spiegato che la ditta per cui lavorava gli aveva offerto alcune migliaia di dollari in piú l’anno rispetto al salario medio, piú le stock option, perché volevano disperatamente darsi un’immagine diversa. Avevano messo la sua foto su tutti gli opuscoli, anche quelli che non avevano nulla a che vedere con il suo reparto. Ha riso dicendo che il lavoro era buono e che valeva la pena vivere in una città di bianchi, anche se la moglie doveva farsi un’ora di macchina per trovare una parrucchiera che facesse i capelli africani. Il trucco era capire l’America, sapere che era tutto un dare per avere. Dovevi rinunciare a tante cose, ma ne ricevevi tante altre in cambio.

Ti ha mostrato come fare domanda per un lavoro da cassiera alla stazione di servizio sulla Main Street e ti ha iscritto a un community college, dove le ragazze avevano le cosce grosse, si davano lo smalto rosso acceso alle unghie e si mettevano delle creme abbronzanti che le facevano diventare arancioni. Ti chiedevano dove avessi imparato a parlare inglese e se in Africa c’erano case vere e se avevi mai visto un’automobile prima di andare negli Stati Uniti. E ti fissavano i capelli. Stanno dritti o si afflosciano quando disfi le trecce? Volevano sapere. Rimangono tutti dritti? Come? Perché? Ma il pettine lo usi? Ti sforzavi di sorridere quando facevano quelle domande. Tuo zio ti aveva avvertita: «Un misto di ignoranza e arroganza», aveva spiegato. Ti ha raccontato che, alcuni mesi dopo che si erano trasferiti lí, i vicini avevano detto che gli scoiattoli non si facevano piú vedere. Avevano sentito dire che gli africani mangiavano ogni tipo di animale selvatico.

Ridevi, con tuo zio, e da lui ti sentivi a casa; sua moglie ti chiamava nwanne, sorella, e i suoi due figli in età scolare ti chiamavano zia.



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