Al Marocco by Pierre Loti

Al Marocco by Pierre Loti

autore:Pierre Loti [Loti, Pierre]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788898823321
editore: Fattoria del Mare
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


XXIV

Venerdì, 19 aprile (venerdì santo)

IN POCHE ORE, COME ACCADE SEMPRE qui, il cielo si è rasserenato; non c’è più nulla nell’aria. Dove tante nubi grige passavano e ripassavano oscurando le idee e le cose, resta un vuoto immenso, profondo, limpido, che è questa sera di un azzurro d’indaco, di un azzurro cangiante all’orizzonte in verde acqua marina; dappertutto un grande splendore, una gran festa ed una grande magia di luce.

Nelle ore meravigliose della fine del giorno salgo a sedermi sulla mia terrazza. La vecchia città fanatica e cupa si bagna nell’oro di tutto questo sole, si spiega ai miei piedi su una serie di valloni e di colline, ha preso un aspetto di pace inalterabile e radiosa, qualche cosa di quasi sorridente, di quasi dolce; non la riconosco più tanto essa è cambiata. C’è come un irradiarsi roseo sull’immobilità delle sue rovine. E l’aria è diventata di un tratto così tiepida e così tranquilla da dare l’illusione di un’eterna estate!…

Intorno a me, al primo piano si raggruppano le cime a terrazza delle altissime case vicine: piani di cubi di pietra, irregolarmente disposti e come gettati a caso. Fra queste terrazze e la mia c’è il vuoto; benché vi si distinguano ancora con estrema precisione i minimi particolari degli oggetti, le minime screpolature dei muri, esse sono separate da me da una specie di nebbia luminosa, che rende imprecise le loro basi e le rende quasi vaporose; si direbbero sospese nell’aria. E tutti questi alti passeggi si popolano a poco a poco di donne, che appaiono l’una dopo l’altra, e sorgono in costumi da idoli, con in testa l’hantouze (una mitria dorata che richiama l’hennin degli ultimi giorni del nostro Medio Evo).

Al di là di queste terrazze così vicine che sono quelle delle case costruite, come la mia, nella parte più elevata della vecchia Fez, – dopo altro vuoto e dopo altra bruma luminosa, cose più lontane si disegnano all’infinito, come attraverso trasparenze di garza. È dapprima tutto il resto della vecchia Fez: un migliaio di terrazze di un grigio-viola, in cui le belle passeggiatrici aeree sembrano non esser più che dei punti di smaglianti colori, seminati su un monotono franare di rovine. Al di sopra di questa uniformità di cubi di pietra, si innalzano lunghi palmizi dall’esile stelo: – ed anche tutte le vecchie torri quadrate delle moschee, con le loro incrostazioni di porcellane gialle e verdi, ricotte da secoli di sole, con le loro piccole cupole, sormontate ciascuna da una palla d’oro.

Di Fez, la nuova, che è più lontana, non si vedono che i grandi muri sinistri, che rinchiudono i serragli, i palazzi, le corti del Sultano. E una cinta di giardini verdi, del più bel verde primaverile, circonda la grande città. Le sue vecchie mura, i suoi vecchi bastioni, le sue vecchie formidabili torri sono come affondati nella fresca verzura.

L’aria è chiara, straordinariamente chiara. Nonostante questo inafferrabile vapore che è di una tinta d’iride in basso e di un rosa dorato sulle cime, si vedono i dintorni come se fossero vicinissimi o come se la vista avesse acquistato, questa sera, una penetrazione insolita.



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