Alzo gli occhi per dire sì. Una straordinaria storia alle origini della Comunicazione Aumentativa by Ruth Sienkiewicz-Mercer & Steven B. Kaplan

Alzo gli occhi per dire sì. Una straordinaria storia alle origini della Comunicazione Aumentativa by Ruth Sienkiewicz-Mercer & Steven B. Kaplan

autore:Ruth Sienkiewicz-Mercer & Steven B. Kaplan [Sienkiewicz-Mercer, Ruth & Kaplan, Steven B.]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Health & Fitness, Biography & Autobiography, Physical Impairments, CAA, Sign Language, Language Arts & Disciplines, Comunicazione Aumentativa Alternativa, General
ISBN: 9788832762747
Google: Z8V5zwEACAAJ
editore: Homeless
pubblicato: 2022-12-15T16:52:21+00:00


Capitolo 7

Nel 1970 un uomo di nome Ed Hebert diede vita a un programma denominato Centro per il linguaggio, l’udito e l’apprendimento alla State School, il cui obiettivo era aiutare i residenti a sviluppare le abilità comunicative. All’inizio lavorò da solo, senza collaboratori, fondi o attrezzature. A quell’epoca c’erano circa 1200 residenti nell’istituto, e quasi tutti soffrivano di un qualche tipo di deficit di linguaggio, di udito o apprendimento.

Nell’arco di circa un anno, un gruppo chiamato “Amici di Belchertown”, formato principalmente da genitori e parenti dei residenti, iniziarono a fare pressione sulle autorità per migliorare le condizioni di vita alla State School. Grazie alle pressioni di questo e di altri gruppi all’inizio degli anni Settanta, il programma di Ed riuscì a decollare: nella primavera del 1971 ricevette dei fondi per assumere diversi terapisti specializzati nelle patologie del linguaggio. Quell’estate, quattro specializzandi in problemi del linguaggio, tra cui il mio primo insegnante, Howard Shane, si unirono al programma. In autunno si aggiunsero come praticanti anche tre studenti universitari, e Ed divenne il direttore della Clinica per i disturbi della comunicazione. Nonostante molti degli ospiti di Belchertown soffrissero di gravi problemi uditivi, la clinica non aveva soldi per provvedere all’acquisto di apparecchi acustici, e non fu in grado di svolgere test dell’udito fino al 1972; e anche allora i finanziamenti arrivarono dagli Amici di Belchertown.

Nell’autunno del 1974 il programma cambiò nuovamente nome, diventando Centro per le risorse comunicative; questi cambiamenti riflettevano l’evoluzione della ricerca nel nuovo campo dei disturbi della comunicazione. Il personale della clinica era composto allora da dieci logopedisti a tempo pieno, altrettanti specializzandi e praticanti, più due supervisori e una nuova direttrice, Lissa Carroll, che aveva iniziato come praticante con Ed nel 1972.

Subito dopo la sua creazione, la clinica divenne il fulcro della mia esistenza alla State School; grazie ad essa, le mie capacità di comunicazione fecero enormi passi avanti, specialmente nei primi anni.

Cominciai nell’estate del 1971, quando Howard Shane tornò alla State School, e quasi immediatamente riprese a lavorare con me all’interno della clinica. Anche un’altra specializzanda, Kathy Elias, lavorava regolarmente con noi.

Fu fantastico rivedere Howard, e concentrarsi su un programma individualizzato, finalizzato a sviluppare le mie abilità comunicative. Mi incontravo con Howard o Kathy due volte a settimana, per delle sessioni che duravano dai sessanta ai novanta minuti. Se il tempo lo permetteva, venivo portata nell’edificio in cui aveva sede la clinica, un luogo totalmente diverso da tutti gli altri dell’istituto. Vi regnava un’atmosfera dinamica, carica dell’energia e dell’ottimismo di giovani specialisti all’avanguardia in un nuovo campo di studi.

Alla clinica non venivo trattata come una residente della State School, né venivo considerata una paziente o una cliente. Io, Howard e Kathy eravamo i protagonisti di un esperimento in corso d’opera, soci che collaboravano per scoprire cosa fosse utile per lo sviluppo di tecniche comunicative il più efficaci possibile per chi soffriva di disabilità comunicative.

Quando cominciai a frequentare la clinica, sapevo compitare solo parole da una sillaba; ad esempio, quando Kathy mi chiedeva l’esatta ortografia di una parola,



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