Andare per Caff storici by Massimo Cerulo;

Andare per Caff storici by Massimo Cerulo;

autore:Massimo , Cerulo; [Cerulo, Massimo]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Storia, Ritrovare l'Italia
ISBN: 9788815367358
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2021-08-14T22:00:00+00:00


Una curiosità storica: il locale sembra detenere due primati cittadini, la produzione del gelato artigianale e, nel 1844, l’illuminazione a gas.

Il «Caffè degli Specchi»

Il Caffè degli Specchi (1839) è l’ultimo sopravvissuto dei quattro locali che un tempo si trovavano su quella che era chiamata Piazza Grande, oggi piazza Unità d’Italia. Il nome proviene da una particolare abitudine ottocentesca: si era infatti soliti utilizzare gli specchi-lastre di vetro a mo’ di lavagne permanenti, per incidervi gli avvenimenti più importanti, affinché venissero ricordati nel futuro. Di questa antica pratica è oggi possibile ammirare tre esemplari ben conservati all’interno del locale, mentre tutti gli altri sono stati rubati dai tanti eserciti di occupazione passati per Trieste o rovinati dallo scorrere del tempo.

La storia del locale, fondato da Nicolò Priovolo, è strettamente legata a quella dell’edificio che lo ospita, Palazzo Stratti (dal cognome del mercante greco che ne ordinò la costruzione). Oggi di proprietà delle Assicurazioni Generali, l’edificio è noto anche per il gruppo scultoreo presente sulla facciata, opera del veneziano Luigi Zandomeneghi. Come ci informa Daniele De Marco (fondatore del blog scoprendotrieste.it), esso rappresenta Trieste in forma femminile, con ai suoi piedi i simboli di ricchezza e modernità; sulla destra si vede una locomotiva (riferimento a quella che George Stephenson, uno dei suoi inventori, fornì all’Austria nel 1837) che simboleggia l’auspicio di un veloce collegamento fra Trieste e Vienna. Per terra giacciono utensili, una pinza, una ruota dentata, un’ancora e un’incudine con il martello, simboli del lavoro, mentre dal lato opposto una colonna e un capitello rimandano allo sviluppo architettonico e urbanistico della città; ancora, la cetra indica la musica, un busto la scultura, una tavolozza la pittura e infine la civetta, animale sacro a Minerva, dea della sapienza, rappresenta la vittoria della ragione sulle tenebre. Tutti insieme simboleggiano la crescita culturale e industriale di Trieste.

Sempre De Marco riporta il seguente aneddoto: in una bella giornata ventosa di inizio secolo, mentre la «Trieste bene» si godeva il sole d’aprile ai tavoli esterni del Caffè degli Specchi, un buontempone entrando nel locale disse ad alta voce: Ocio che la statua grande dindola! («Attenzione che la statua grande traballa!»). Seguirono un fuggi-fuggi generale e un intervento tempestivo dei pompieri che, fatti i debiti accertamenti, riportarono la calma. Per molto tempo, tuttavia, i tavoli sotto la grande statua rimasero inspiegabilmente vuoti.

Come nel caso del Tommaseo, anche questo Caffè fu ritrovo, nella metà dell’Ottocento, di gruppi di irredentisti che lo trasformarono in un proprio spazio di discussione, confronto e organizzazione di forme di militanza politica e civile. E questo stride o forse ben si confà, in termini di resistenza e sberleffo nei confronti dell’autorità, se si pensa che il degli Specchi nacque come il Caffè asburgico per antonomasia: dall’elegante e ricercato arredamento – arredi e dipinti Liberty, o meglio Jugendstil, come si direbbe a Vienna – alle altolocate frequentazioni, tanto che all’epoca nessuno probabilmente si sarebbe troppo stupito di vedere entrare nel locale l’imperatrice Sissi con le sue dame di compagnia. A tal proposito, si ricordi una



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