Ashley Kristen - Rock Chick 04 - 2011 - Dimmi che lo vuoi by Ashley Kristen

autore:Ashley Kristen [Ashley Kristen]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fiction, Romance, Contemporary
ISBN: 9788822728517
Google: BZJ7DwAAQBAJ
editore: Newton Compton Editori
pubblicato: 2019-02-05T23:00:00+00:00

Capitolo 16

Vuoi parlare adesso?

Abbiamo preso la Sixth Avenue in direzione dell’I-70. Vance stava andando a tutta velocità. Io ero appiccicata a lui dall’inguine alle spalle, le braccia strette attorno alla sua vita, lo zaino dietro la schiena, la Harley che mi rombava tra le gambe, i capelli al vento, le gambe nude che stavano gelando. Continuavo a premergli la guancia sulla spalla e a sbirciarci sopra, non abbastanza triste, spaventata o infreddolita da non godermi il viaggio.

Abbiamo raggiunto le pendici della collina, oltre le ultime luci della città, dei centri commerciali e della periferia, dove il cielo iniziava a schiarirsi un po’ e le stelle erano molto più visibili.

Vance è uscito dalla I-70 e io ho memorizzato la strada, tanto per, fingendo che un giorno o l’altro l’avrei ripercorsa da sola. Vialone principale, svolta a sinistra per imboccare una strada secondaria. Strada secondaria, svolta a destra in una strada a una sola corsia. Da lì, svolta a sinistra per imboccare una strada sterrata.

Così, a occhio, avrei detto che eravamo tra Golden ed Evergreen.

Quello di cui ero sicura era che ci trovavamo nel bel mezzo del nulla.

Alla fine, ha imboccato un vialetto di ghiaia e i fanali hanno illuminato una piccola capanna di tronchi circondata da pini, con una radura che si estendeva verso nord, dove c’era un grosso annesso.

Nel vialetto c’era un pick-up Ford abbastanza vecchiotto. Non era un’auto d’epoca, ma aveva almeno una decina d’anni. Era blu, era impolverato e si capiva che era stato usato parecchio. Accanto c’era un rimorchio per il trasporto dei cavalli.

Vance ha fermato la moto e ha spento i fanali. Sono scesa e mi sono abbassata la gonna. È sceso anche lui, senza risistemarsi. Abbiamo rifatto il solito giochetto con lo zaino. Mi ha presa per mano e si è incamminato verso casa, e nel frattempo non ha detto una sola parola.

Affrontare il silenzio stava diventando difficile.

«Hai dei cavalli?», ho domandato.

«Uno. La seconda stalla è per i vicini. In cambio, danno da mangiare al mio e lo montano quando sono in città, ovvero la maggior parte delle volte», ha risposto con un tono che non invitava a porre ulteriori domande.

È andato dritto alla porta e l’ha aperta senza bisogno di tirare fuori una chiave, continuando a tenermi per mano.

«Non chiudi a chiave?», ho chiesto, sbigottita.

Vance, esperto di sicurezza, non chiudeva a chiave la porta di casa sua. Era nel bel mezzo del nulla, ma insomma…

«Non c’è niente da rubare», ha detto.

Siamo entrati e lui ha acceso una luce, e a me è bastata un’occhiata per capire che aveva ragione. Non c’era proprio un bel niente da rubare.

Mi ha lasciato la mano, ha chiuso la porta ed è sparito in un corridoio buio, lasciandomi sulla porta. Poi ha acceso un’altra luce.

Mi sono guardata attorno e mi sono tolta la giacca, appendendola allo schienale di una sedia.

Non era niente male quella capanna. Indubbiamente accogliente. Le pareti erano formate da semplici tronchi di legno. I pavimenti erano di legno, e c’erano alcuni tappeti – perlopiù stuoie intrecciate

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