Attraversando l'anno by Duccio Balestracci;

Attraversando l'anno by Duccio Balestracci;

autore:Duccio, Balestracci; [Balestracci, Duccio]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Storia, Intersezioni
ISBN: 9788815410986
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2023-10-14T22:00:00+00:00


C’era una volta… un re! No, un pezzo di legno. Storia del ceppo natalizio

Il folklore natalizio coinvolge il mondo degli alberi anche attraverso il grosso ceppo che deve bruciare ininterrottamente (pena la cattiva sorte) dalla vigilia della Natività all’Epifania, quando verrà spento con un rito fra l’osceno e il carnevalesco che sembra rientrare a buon diritto nei paradigmi bachtiniani. Ancora all’inizio del Novecento, almeno nelle campagne toscane, la sera della Befana un uomo, con la faccia contraffatta di cenere per non essere riconosciuto, e avvolto di stracci che mimavano sbrindellati abiti femminili, entrava nelle case dove c’erano i bambini. Si avviava verso il focolare nel quale ardeva il resto del ceppo natalizio e «urinava» (in realtà usando un fiasco d’acqua nascosto sotto i vestiti) sui tizzoni ancora accesi in modo da effettuare il rituale spegnimento che sanciva ufficialmente la fine della Grande Festa d’Inverno.

Il ceppo bruciato non serviva solo ad augurare un prospero anno: almeno nei paesi germanici, il legno (ceppo di Yule, come si chiamava) acceso doveva servire a tenere lontani gli spiriti maligni che avrebbero altrimenti cercato di fermare il ritorno del sole.

Il ceppo da ardere è verosimilmente un residuo dell’ancestrale culto degli alberi, ma l’interpretazione che propone Dmitrij Konstantinovič Zelenin è estremamente suggestiva e collima alla perfezione con l’impostazione di base di quanto stiamo sostenendo dall’inizio di questo libro: la mai sopita nostalgia olistica dell’uomo nei confronti dalla natura. Il ceppo da far consumare nel tempo sospeso delle dodici notti, infatti, sarebbe la continuazione di un antichissimo rito, in cui il rapporto fra uomo e pianta, parallelamente a quello fra uomo e animali, rispecchierebbe archetipici rapporti sociali di tipo tribale. Anche in Europa – argomenta lo studioso, ripreso in questo da Baldini e Bellosi – si sono conservate credenze sulla discendenza degli uomini dagli alberi, per cui l’uomo ripone nella pianta la propria anima, e gli alberi, per questo, si trasformano in totem tutori del clan, del gruppo, della famiglia che, come tali, li ha adottati.

Del resto, se è significativo, in questo senso, che il grosso ciocco serva, sì, ai defunti che nelle notti particolari tornano infreddoliti alle loro case, ancor più avvalorativo delle teorie sopra esposte risulta il fatto che al legno che sta bruciando si offrano, nella sera del 31 dicembre, grano e vino, e che ad esso sia riservato il primo boccone della tavola.

Le sue ceneri e i tizzoni spenti non verranno, poi, buttati via, bensì sparsi sulle soglie e in prossimità delle case a evitare il malocchio. Nelle Marche c’era (o c’è ancora) l’usanza di inserirne un pezzetto nelle croci di canna poste a protezione dei campi nel giorno di San Filippo e Giacomo, il 3 maggio.

Questa tradizione è estesa ovunque ed è ovunque risalente: a Ravenna, nel 1209 si accende un contenzioso fra il comune cittadino e il monastero della Rotonda perché i ravennati, si legge, sono abituati a portar via a man salva «zoccos sive capitones» nella settimana di Natale per trasformarli in ceppi da camino; altrettanto, è attestato l’uso del ceppo natalizio in Lunigiana alla fine del Trecento.



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