Belinda by Anne Rampling & Anne Rice

Belinda by Anne Rampling & Anne Rice

autore:Anne Rampling & Anne Rice [Rampling, Anne & Rice, Anne]
La lingua: eng
Format: epub
Tags: Teenage girls, General, Romance, Erotic stories, Illustrators, Suspense, Middle-aged men, Erotica, Fiction
ISBN: 9780425176658
Google: 33PZAAAAMAAJ
editore: Berkley Books
pubblicato: 2000-12-01T19:13:42+00:00


La notte successiva venne più presto. Alle tre in punto.

Laggiù, come scenario, Saint Charles Avenue. I lampioni nel fitto merletto dei rami degli alberi. La pioggia che faceva venir fuori, sotto la luce, la superficie porporina del lastricato.

«Voglio parlare con lei prima che torni mia figlia».

La limousine stette parcheggiata proprio di fronte a quella dannata casa, per tre ore. Belinda avrebbe dovuto vederla, se Belinda non fosse stata...

«... la sconosciuta».

Scesi in biblioteca e accesi la TV. Non c'erano possibilità che lei potesse udirla dal piano di sopra, dato il rumore del condizionatore d'aria. Qualche vecchio film in bianco e nero era quello che mi ci voleva. E ce n'era pure uno buono, con Cary Grant che parlava molto veloce e diceva cose straordinariamente acute. Bei giochi di luce e ombra.

Prima di lasciare la casa di San Francisco, avevo controllato le chiavi di riserva. Stavano ancora in un vasetto delle spezie. Polveroso. Com'era stato in gamba, quel figlio di puttana!

Di prima mattina, prima che partissi per andare in centro e leggere quella biografia tascabile di Bonnie nel Saint Francis Hotel, lei era scesa e mi aveva chiesto di andar via, no, mi aveva supplicato.

«Promettimi che stanotte non vieni a Carmel».

Nessuno si era introdotto in casa mia! È chiaro! Nessuno aveva forzato il catenaccio di sicurezza della porta della camera oscura!

La testa mi scoppiava. La gente, sullo schermo della televisione, chiacchierava. I capelli lisci e neri di Cary Grant come i capelli lisci e neri di Alex Clementine. «La gente non vuole la verità, vuole bugie. Pensano di volere la verità ma vogliono bugie».

Spensi la TV.

Salii di sopra.

Dormiva profondamente. Sul viso, la luce dell'ingresso. La scossi. La scossi di nuovo. Le si aprirono gli occhi.

«Sei stata tu, non è vero?».

«Cosa?».

«La chiamasti tu! Le desti tu i negativi!».

«Cosa?».

Si alzò a sedere, ritraendosi contro il cuscino. Il lenzuolo le copriva i seni, come se mi si volesse nascondere.

«Devi essere stata tu», dissi. «Nessuno tranne te avrebbe potuto trovarli e rubarli dalla camera oscura. Le chiavi stavano nel vasetto delle spezie, e nessuno sapeva che stavano là tranne te. Sei stata tu!».

Tremava. Aveva la bocca aperta, senza che ne uscisse alcun rumore. Si spostò dall'altra parte del letto, lontano da me.

«Sei stata tu. Dicesti tu a tua madre dov'eri!».

La sua faccia era bianca di paura. La mia voce copriva il rumore dell'aria condizionata.

«Sei stata tu. Rispondimi».

«L'ho fatto per te, Jeremy!». Le tremavano le labbra. Lacrime, sì, naturalmente, lacrime le solcavano le guance, le braccia le coprivano i seni con la giacca del pigiama.

«Per me? Oh, Cristo!».

«Non smetti mai di preoccuparti! Non smetti mai di domandare! Non smetti mai di sentirti in colpa, dannazione! Tutto questo perché non ti fidi di me!». I cuscini caddero fuori dal letto, i suoi talloni scavavano nel copriletto sgualcito. «Tu sei entrato nelle mie cose e hai scoperto chi ero!»

«Oh, Dio mio, sul serio sei stata tu. Veramente. L'hai chiamata e l'hai fatta venire lassù. Tu hai fatto questo a me!».

Se ne uscì dal letto singhiozzando e indietreggiando verso la portafinestra.



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