Brancaleone: il romanzo by Agenore Incrocci & Mario Monicelli & Furio Scarpelli

autore:Agenore Incrocci & Mario Monicelli & Furio Scarpelli
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788861454712
pubblicato: 2023-03-26T00:00:00+00:00

Scendeva la sera quando giunsero alle rive del fiume e Brancaleone ordinò:

«Qui ci appadiglioneremo».

Accesero un fuoco, Abacuc approntò il suo baule per la notte e Brancaleone tolse, dopo qualche contesa, la gualdrappa ad Aquilante per restituirgli foggia e funzione, tramite un piolo, di tenda per la tenera, ardente Matelda.

Mangoldo arrostiva sul fuoco una grossa radice di pastinaca infilzata in uno stecco e intanto vagheggiava:

«Me, quello che mi vollio facere tutti li giorni ad Aurocastro, l’è una bella pignata con dentro sasiccia di cignale, tocchi di peverone, suco di noce, pepere persiano, latte caliato, aceto grosso, verza, alio, cibòla nera, poro, budelin de bove, testa di pesce che improfuma, e remenare remenare remenare fintantoché l’è doventato un bell’empiastro fitto fitto e zò. Ah, uh».

Masticò a quattro ganasce l’aria, che si era fatta fresca e sottile. Taccone, che lo aveva ascoltato partecipe, si leccò le labbra.

Intanto Brancaleone aveva finito d’erigere la tenda e invitò Matelda a entrarvi.

«Non sarà propriamente una reggia come quella di cui vai a esser regina».

Aquilante, spogliato, emise uno starnuto.

Matelda guardava il cavaliere con tenerezza, avvicinandosi.

«Ma io non tanto aspirassi a una reggia, sibbene a una semplice casa, et a campar figli bellilli avuti da uno sposo amoroso, null’altro».

E poiché Brancaleone si era fatto da parte per farla entrare nella tenda, Matelda gli prese la mano per sostenersi e sedersi sulla sella che il cavaliere aveva predisposto come scranno, e aggiunse:

«Non piacerebbe a te un simigliante avvenire? O hai già una sposa?»

Rispose Brancaleone, entrato e sedutosi a sua volta, ma in terra:

«Son omo d’arme. Forse un giorno la torrò, preso possesso del mio feudo d’Aurocastro, et appesa la spada a lo chiovo. Non ebbi mai bona ventura, in questa mia turbolenta esistenzia». Posò la mano sulla fronte e continuò, guardando fuori nel vuoto che si faceva più buio col calar della notte: «Lo patre mio, barone di Norcia, morette quando io era di anni nove. Mia matre riandò a nozze con uno malvaggio che, avido dei beni miei, mi affidò a uno suo omo, cagnotto di facile pugnale, a che mi occidesse».

Matelda sbiancò, inorridita, e Brancaleone si affrettò a rassicurarla:

«Ma non lo facette. Preso di rimorsi mi abbandonò nel bosco ove crebbi libero e forte come una lonza. Giunto ai venti anni mi presentai al castello a reclamare lo mio. Ma infratanto matre e patrigno s’erano già morti dopo essersi pappati e bevuti terre et ogni bene. Sicché quando io dissi: “Hic Brancalèo, Brancaleone son io, unico erede d’ogni cosa”, lo castaldo gridòe: “Bene, tu pagherai li debiti, pigliatelo!” Ferii due birri e fuggii. Da allora vado errando e pugnando».

Matelda, che aveva ascoltato commossa e ammirata come Didone il racconto di Enea, prese il viso di Brancaleone tra le mani e lo baciò sulla bocca, a occhi chiusi e lungamente. Poi lo spinse via, spaurita dal suo proprio desiderio.

Brancaleone scappò dalla tenda, corse alla riva, tuffò il capo nell’acqua e rimase così finché la vampa che gli bruciava le gote non si smorzò fumigando.

Quando sollevò la testa grondante, vide nell’ombra biancheggiare i visi degli uomini che guardavano qualcosa dietro le sue spalle.

scaricare

Disconoscimento:
Questo sito non memorizza alcun file sul suo server. Abbiamo solo indice e link                                                  contenuto fornito da altri siti. Contatta i fornitori di contenuti per rimuovere eventuali contenuti di copyright e inviaci un'email. Cancelleremo immediatamente i collegamenti o il contenuto pertinenti.