Brizzi Giovanni - 2019 - Io, Annibale: Memorie di un condottiero by Brizzi Giovanni

Brizzi Giovanni - 2019 - Io, Annibale: Memorie di un condottiero by Brizzi Giovanni

autore:Brizzi Giovanni [Brizzi Giovanni]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: History, Ancient, General, Biography & Autobiography, i Robinson / Letture
ISBN: 9788858136737
Google: ql-NDwAAQBAJ
editore: Gius.Laterza & Figli Spa
pubblicato: 2019-03-19T22:00:00+00:00


Capua

All’ultimo, più terribile colpo, la compagine apparentemente granitica della federazione italica cominciò, infine, a sfaldarsi. La secessione prese le mosse dall’Apulia, che aveva assistito, agghiacciata, al massacro: qui Salapia, Ece, Erdonea, e con esse il maggior centro dauno, Arpi, mi aprirono spontaneamente le porte.

A ridurre Canosa, dove si erano raccolti i fuggiaschi romani, non pensai neppure, preferendo incamminarmi verso nord, in direzione del Sannio, e sollevare al passaggio Irpini e Caudini, da tempo smaniosi di insorgere. Al sud, con base a Compsa, avevo inviato Magone, perché incitasse alla rivolta i Lucani e i Bruzzii, affini di stirpe ai Sanniti ribelli e come loro malcontenti del dominio di Roma. Lo accompagnava mio nipote Annone, destinato a rilevarlo nel comando quando egli fosse partito per recare a Cartagine l’annuncio delle nostre vittorie. Del fratello più giovane avrei riavuto, quindici anni dopo, soltanto le ceneri.

Le mie speranze, frattanto, si appuntavano soprattutto altrove: verso la Campania, che dell’intera penisola era la regione più ricca, e in particolare verso Capua, che ne costituiva il cuore, splendida in quel momento più della stessa capitale nemica.

Capua e io eravamo, allora, nelle migliori condizioni per intenderci. Ove si escluda la cessione dell’Agro Falerno, negoziata del resto dagli stessi notabili cittadini in cambio di una rendita annua, il legame con Roma aveva offerto ai Campani solamente vantaggi, allentando la pressione sannita, da cui non sapevano difendersi da soli, e favorendo traffici e attività produttive; sicché in quel momento non vi era in tutta l’Italia una terra più florida.

Il vincolo con Roma era stato, del resto, codificato con oculatezza da un potere egemone del quale i figli più illustri di Capua erano da tempo partecipi. La civitas sine suffragio, senza diritto di voto, manteneva da un lato alla città le magistrature originarie, e alimentava con ciò stesso, nel popolo minuto, l’illusione dell’indipendenza; offriva, dall’altro, ai notabili cittadini lo scambio con l’Urbe di connubio, capacità possessoria, diritto di migrare, concedendo loro la possibilità di contrarre colà quei legami matrimoniali ch’erano preludio ad ogni intesa politica; di trasferirsi a Roma assumendone la cittadinanza; di aprirsi, infine, la strada fino ai vertici stessi della Repubblica.

Legata a Roma dagli interessi di classe e dalle unioni matrimoniali che ne imparentavano le famiglie con la più antica nobiltà della capitale, e perciò presente e attiva da tempo all’interno dello stesso senato, l’aristocrazia locale era divenuta la custode prima di questa fortunata simbiosi. E tuttavia fu forse proprio tale situazione privilegiata a incrinare il rapporto tra le due città. Attirati dalla prosperità crescente del capoluogo campano, i Sanniti vi accorrevano in numero sempre maggiore dai monti vicini, alterando gli equilibri interni a tutto vantaggio della fazione popolare; mentre anche i notabili non erano più pienamente unanimi sulla condotta da tenere nei confronti di Roma. Presso alcuni di loro l’orgoglio per le fortune della patria andava infatti alimentando il sogno – mai concepito prima in alcun altro centro etrusco, latino o italiota – di sostituirsi all’Urbe, facendo di Capua il centro anche politico dell’intera penisola. Alla testa di



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