Chiedi a una pianta by Alessandra Viola

autore:Alessandra Viola [Viola, Alessandra]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: i Robinson / Letture
editore: Laterza
pubblicato: 2024-11-15T00:00:00+00:00

Decolonizzare il linguaggio

Non facciamo quasi più caso alle piante, eppure i nostri occhi sembrano essersi evoluti proprio per guardare il verde.

I coni, ovvero i fotorecettori della retina attraverso i quali possiamo vedere i colori, sono specializzati nelle frequenze luminose comprese all’incirca tra i 400 nanometri (nm) del viola e i circa 700 del rosso, e il verde – la cui frequenza si trova proprio in mezzo a questo spettro – è il colore che percepiamo con la maggiore gamma di sfumature e con il minore sforzo. Guardarlo ci rilassa, è il motivo per cui lo usiamo per le pareti degli ospedali, i corridoi delle scuole e i camici dei chirurghi. E non solo: la contemplazione delle piante produce benefici effetti sulla salute, potenzia l’attenzione e riduce l’ansia, aiuta a riprendersi più in fretta da malattie e infortuni e persino a prevenirli. Una ricerca condotta sulla popolazione di un carcere americano ha dimostrato per esempio che gli occupanti delle celle con vista sui campi circostanti la prigione si rivolgono in media meno spesso all’infermeria di quelli che hanno una visuale differente. Il verde riporta la nostra natura animale alle origini della specie, a quando essere circondati da questo colore voleva dire trovarsi in mezzo a una ricca vegetazione e dunque potersi sfamare, avere a disposizione acqua e luoghi in cui ripararsi. Per questo suo ruolo cruciale per la sopravvivenza, i nostri occhi si sono evoluti in modo da distinguerne decine di sfumature, dal verde felce al verde persiano, dal mimetico all’acido, dall’asparago al lime sino al color giada, al mirto e al verde palude. Una sottigliezza visiva straordinaria, anche se oggi quando usciamo dalla palette dei colori e scendiamo in strada o passeggiamo in campagna, le piante improvvisamente scompaiono dal panorama e non attirano più la nostra attenzione. Il nostro occhio ‘animale’ tende a ignorarle: la cecità vegetale condiziona il modo che abbiamo di guardarci attorno.

Cosa vuol dire però ‘guardare’? Il verbo rimanda a una specifica percezione del mondo, mediata dagli occhi. Un processo biologico complesso che ci consente di distinguere forma, colore, dimensioni e distanza degli oggetti osservati. La luce solare che colpisce la retina viene captata dai nostri fotorecettori (coni e bastoncelli), che traducono le onde luminose in segnali bioelettrici e li inviano al cervello, dove vengono decodificati consentendoci di ricostruire un’immagine di ciò che abbiamo di fronte. Attraverso i tre tipi di coni dei quali disponiamo, siamo in grado di percepire il rosso, il verde e il blu e di distinguere i circa duecento colori che si formano combinandoli tra loro. La percezione dei colori è un fenomeno affascinante, a maggior ragione perché è impossibile sapere se i colori che ognuno di noi vede siano uguali a quelli che vedono gli altri. Sulla loro descrizione ci si accorda per convenzione e ogni esperienza visiva è soggettiva, quindi potenzialmente differente da qualsiasi altra. È un fatto ben noto, eppure quando pensiamo al senso della vista, riferirci all’esperienza umana è inevitabile. Dobbiamo sforzarci di ‘decolonizzare’ il linguaggio o almeno diventare consapevoli dei termini che usiamo.

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