Ciclo della Cultura 6 - Un dono dalla cultura by Banks Iain M

autore:Banks, Iain M. [Banks, Iain M.]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00

in pace, eh?

Dopo un momento, Gestra annuì vigorosamente.

Il robot si girò in aria per dimostrargli che Io stava

guardando. ― Ti sembra accettabile? Voglio dire,

posso anche dirgli che non li vogliamo qui, che se ne

vadano e ci lascino in pace e basta, ma mi sembre-

rebbe molto scortese, e a te?

― S-sì ― disse Gestra, accigliandosi e assumen-

do un'espressione di estrema incertezza. ― Scortese.

Suppongo, sì. Scortese. Non dobbiamo essere scor-

tesi. Probabilmente vengono da lontano, non pensi?

― Attorno alle sue labbra aleggiò, come una fiam-

mella in un vento teso, un pallido sorriso.

― Di questo possiamo essere abbastanza sicuri

― disse il robot, con una risata nella voce. Aggiunse

una pacchetta molto dolce sulla schiena dell'uomo

con un campo.

Gestra sorrideva già in modo un po' più sicuro

quando entrò nell'area di ricevimento principale del-

la zona residenziale.

Si trattava di una stanza grande e rotonda, in-

gombra di divani e poltrone. Gestra in genere faceva

come se non ci fosse; per lui era semplicemente uno

spazio che doveva attraversare quando andava o ve-

niva dall'hangar delle navi. Ora guardava ciascuna

delle poltrone grasse e confortevoli, ciascuno dei

lunghi sofà, come se rappresentassero una minaccia

mortale. Il suo nervosismo stava ritornando. Si passò

una mano sulla fronte mentre il robot si fermava ac-

canto a un divano e gli faceva gesto di accomodarsi,

se voleva.

― Diamo un'occhiata, che ne dici? ― chiese il

robot mentre Gestra si sedeva. Uno schermo apparve

a mezz'aria, sul fondo della sala, prima come un

semplice puntino luminoso, poi allargandosi rapida-

mente in una linea lunga otto metri, infine aprendosi

in entrambe le direzioni a formare un quadrato che

occupava i quattro metri fra soffitto e pavimento.

Buio: qualche lucina qua e là. Spazio. Gestra si

rese conto dì quanto tempo era che non vedeva nulla

del genere. Poi, lentamente e dolcemente, entrò nel

campo visivo una forma lunga, liscia e simmetrica,

grigio scura, che ricordava a Gestra l'assale e le

estremità rotanti di un verricello su una delle sue

navi.

― L'Unità Offensiva Limitata di classe Assassi-

no Opinione Variabile ― disse semplicemente il ro-

bot, con voce quasi annoiata. ― Un tipo che qui non

abbiamo.

Gestra annuì. ― No ― disse, poi fece una pausa

per schiarirsi un paio di volte la gola. ― Niente di-

segni… disegni sul… sullo scafo.

― Esatto ― confermò il robot.

La nave era quasi ferma ora, e riempiva quasi tut-

to lo schermo. Dietro di lei le stelle ruotavano in si-

lenzio.

― Be', allora io… ― cominciò il robot, e subito

si fermò. Lo schermo mandò un lampo.

Il campo-aura del robot si spense con un click.

La macchina cadde, rimbalzando sul sedile accanto a

Gestra e piombando a terra con un tonfo, inanimata.

Gestra Io fissò. Una voce sottile come un sospiro

bisbigliò ―…sssssalvatiiii… ― poi le luci divenne-

ro fioche, ci fu un ronzio tutto attorno a lui, e un sot-

tile filo di fumo cominciò a levarsi dall'involucro del

robot.

Gestra balzò in piedi, lo sguardo che guizzava

freneticamente qua e là, poi tornò a saltare su un di-

vano, accucciandosi sul sedile con gli occhi fissi sul

robot. Il filo si fumo si stava. disperdendo. Il ronzio

si spegneva lentamente. Gestra si era fatto piccolo

piccolo, stringendosi le ginocchia al petto e guardan-

dosi intorno. Il ronzio cessò; lo schermo si arrotolò a

formare una linea, poi si ridusse a un puntino lumi-

noso, poi svanì.

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