Come una pianta di cappero by Massimo Granchi

Come una pianta di cappero by Massimo Granchi

autore:Massimo Granchi [Granchi, Massimo]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: 0111, 0111edizioni, italiano, Contemporary, Fiction, quelli di zed, Romance
ISBN: 9788863076097
Google: oRDGAwAAQBAJ
editore: 0111edizioni
pubblicato: 2013-12-01T07:07:29+00:00


Capitolo trentuno.

Agosto volò via. Le nuvole spinte dal vento di maestrale si erano gradualmente dissolte. La stagione si chiudeva con i movimenti degli ultimi irremovibili villeggianti che popolavano confusamente la spiaggia ancora calda. Edda viveva riflessa nel miraggio acqueo che si sollevava dal mare nei pomeriggi tiepidamente allietati dalla presenza dei suoi amici. Era incantata da un senso vago di smarrimento. Giovanni e Matteo furono trasferiti a Novara il 28 agosto. I due ragazzi avevano vissuto nella consapevolezza di un trasferimento imminente. Nicol ne soffrì, ma solo il tempo di un cambio di luna. Pur essendosi illusa che la storia con Giovanni potesse durare, in cuor suo aveva sempre saputo che sarebbe finita. Lo aveva confidato una sera a Bernardo che stava per concludere il suo lavoro stagionale al bar Torino. Alla fine d’agosto il proprietario gli avrebbe comunicato il suo destino. Licenziamento o assunzione a tempo indeterminato. Il giovane nutriva alcune speranze rispetto al lavoro, ma non solo. Credeva infatti che le attenzioni di Nicol, ormai libera da legami amorosi, avrebbero potuto mutare e ripiegare su di lui anche solo per consolazione. Non si sarebbe fatto problemi ad accoglierla come avrebbe accolto il frutto di una pesca miracolosa, con l’entusiasmo puerile di un neofita d’amore. Illudeva dunque l’attesa trascorrendo più tempo possibile con lei, fino a quando una sera, tra una confidenza e l’altra snocciolata in una notte carica di stelle, Nicol lo baciò di fronte a casa dove era rientrata accompagnata da lui, a bordo della sua vespa 50.

La coppia di amici formata da Luca e Onofrio era rimasta l’unica a celebrare le ultime settimane cagliaritane, trattenendosi sulla spiaggia sino a sera. Soprattutto Onofrio, che era ancora il bagnino dello stabilimento balneare, sarebbe rimasto in Sardegna fino alla fine di ottobre, quando sarebbe tornato a Roma per frequentare la scuola sottoufficiali.

Edda rimaneva sola adagiata sul suo telo da mare. Aspettava che la notte piombasse mestamente su di lei, vestendo di nero il profilo della Sella del Diavolo, il porticciolo di Marina Piccola, il Golfo degli Angeli, e schiudendo l’orizzonte puntellato di luci davanti ai suoi pensieri. Lavoratori senza volto, lenti e scrupolosi, spogliavano l’allestimento scenico del giorno lasciando Edda nell’amarezza del preludio notturno. La sera il rumore del mare era amplificato. L’acqua era calda e torbida. I profumi pieni. Lei pensava che quello fosse il momento perfetto per fare il bagno. Lontana da presenze indiscrete.

Onofrio la guardava da lontano mentre si immergeva tra le onde del mare e si confondeva nelle luci del tramonto senza osare invadere lo spazio foderato di silenzi che la ragazza aveva elevato a difesa della sua solitudine. Non voleva abbandonarla perché non gli piaceva l’idea di lasciarla sola. Svolgeva le sue mansioni sino all’ultimo, con discrezione, mentre la controllava a distanza. Si attardava a verificare la chiusura delle porte delle cabine, assicurava i pedalò ancorati sulla riva, raccoglieva gli oggetti dimenticati sulla sabbia, depositava e chiudeva nel ripostiglio gli ombrelloni, ripiegava le sdraio impilandole ordinatamente dietro al parapetto di canne del deposito, assicurandole con catene e lucchetto.



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