Un millimetro in là by Marino Sinibaldi & Giorgio Zanchini

Un millimetro in là by Marino Sinibaldi & Giorgio Zanchini

autore:Marino Sinibaldi & Giorgio Zanchini [Sinibaldi, Marino & Zanchini, Giorgio]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: eBook Laterza
editore: Editori Laterza
pubblicato: 2014-04-15T00:00:00+00:00


6. Connettere non vuol dire condividere

D. L’Italia ha avuto una modernizzazione concitata. Non abbiamo avuto il tempo di metabolizzare i processi, così dicono molti studiosi. Siamo caduti subito nella postmodernità, con le caratteristiche che in parte hai descritto. Ecco: come si fa a sfidare la velocità della contemporaneità?

R. La sfida è coniugare qualità e velocità. Altrimenti si finisce in un circolo vizioso, strozzati dal nodo tra velocità, povertà e gratuità. Il problema è: come si starà in questo nuovo mondo? Saremo passivi o attivi (o proattivi, come auspicano nel loro Italia reloaded Pier Luigi Sacco e Christian Caliandro)? Il rischio è che invece prevalga in Rete il modello per cui tu cerchi un contenuto, io ti do rapidamente una cosa mediocre, tu non paghi e siamo tutti e due contenti. Gran parte del commercio culturale in Rete vive di questo scambio. L’effetto è non solo quello di mettere in discussione il mercato della cultura – che attualmente non è in grado di sopravvivere alla totale gratuità – ma soprattutto di abbassare progressivamente la qualità e le attese del pubblico. Che si abitua a chiedere poco e a ricevere pochissimo. Mentre invece avremmo bisogno di users esigenti, ricchi (di domande prima che di denaro) e produttivi. Possiamo per ora accantonare l’utopia dell’abbattimento della distinzione tra consumatori e creatori culturali, sapendo però che la Rete la rende concretamente possibile. È più urgente concentrarci su quello che chiamiamo il pubblico della cultura perché, come dicono allarmati i medici delle serie televisive, «lo stiamo perdendo». Anche qui ci sarebbero dei numeri drammatici da citare ma diciamo che, generalizzando un po’, se in Italia manca l’investimento pubblico in istruzione e cultura, quello privato (cioè quello delle famiglie e dei singoli cittadini) è ancora inferiore. Se confrontiamo quello che spendiamo in Italia con le medie europee, vediamo che il differenziale delle spese private è più ampio di quello degli investimenti pubblici. Per fare un esempio, mentre la spesa pubblica in istruzione è di circa il 20% inferiore a quella europea, la spesa privata lo è del 40%. E se allarghiamo lo sguardo a un dato che secondo me ha un forte significato culturale come la ricerca scientifica (Bruno Arpaia e Pietro Greco ne parlano a lungo in un libro che si intitola La cultura si mangia!), scopriamo che mentre l’investimento pubblico è pari alla metà o a un terzo di quello dei paesi avanzati, quello privato dell’industria italiana è addirittura inferiore di quattro quinti. Con la cautela che dobbiamo avere parlando di dati nazionali (in questo come in altri campi esistono in realtà due Italie: quella a nord di Roma ha numeri vicini alla media negli investimenti e nei risultati, mentre il nostro Sud ne è lontanissimo: in questo senso in Italia la media è sempre un po’ un’astrazione), cosa possiamo dedurne? A me sembra anzitutto un risultato politico perché quando un cittadino sceglie dei consumi anziché degli altri, è come se votasse: se non altro perché indica ai decisori politici le sue preferenze, quelle in base alle quali prima o poi, anche elettoralmente si pronuncerà.



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