D'amore si muore ma io no by Guido Catalano

D'amore si muore ma io no by Guido Catalano

autore:Guido Catalano [Catalano, Guido]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Rizzoli
pubblicato: 2015-01-01T05:00:00+00:00


48

Imperial sushi

Agata è una professionista del sushi.

Ordina una specie di portaerei di legno strabordante di pesce crudo e riso. Uno spettacolo già solo a vedersi. Il tutto anticipato da due zuppe di miso per aprire lo stomaco e accompagnato da una bottiglia vino bianco.

Non sarà l’ultima.

Usa le bacchette con la maestria di un gran ciambellano alla corte dell’imperatore giapponese, io invece ho qualche problema, soprattutto a mantenere unite le polpette di riso alla strisciolina di pesce.

Se poi tento di intingerle nella soia, faccio disastri.

«Guarda, ti mostro, devi tenerle così.»

«È un gran casino.»

Mi prende la mano per farmi capire come si impugnano i due stecchetti.

«Ecco vedi, così, il pollice qui, l’anulare qua.»

Una scarica di energia di elettricità di benessere passa dalle sue dita alla mia mano e mi attraversa il braccio fino a raggiungermi la nuca che mi formicola tutta.

«E come fanno col purè?»

«Dubito che ne assumano un granché.»

«Abbiamo fatto rima.»

«Bene, siamo ben sincronizzati. Approposito di rime, raccontami un po’ della tua vita di poeta professionista.»

«Semiprofessionista.»

«Semi?»

«Sì, mi tocca di fare un altro lavoro per sopravvivere, ma conto di entrare nel professionismo entro un paio di anni.»

«Con partita Iva inclusa.»

«Certo.»

Racconto ad Agata come ho cominciato, mi fa le domande giuste, sembra sinceramente interessata alle mie storie. Spesso io ho paura di essere noioso quando racconto di me. È per questo che utilizzo la poesia per raccontarmi. Con la poesia non ho paura di essere noioso, è come se i versi facessero da filtro e mi permettessero di esprimermi più liberamente che chiacchierando. È anche il motivo per cui, quando la GCE mi ha proposto di scrivere un romanzo, ho subito escluso l’ipotesi di scrivere qualcosa di autobiografico e ho deciso di lanciarmi in una storia distopico-fantascientifica.

Spiego ad Agata che ho iniziato come cantante in un gruppo rock, nel quale scrivevo i testi delle canzoni.

«Hai qualche registrazione?»

«No! Stiamo parlando della preistoria e poi mi vergognerei a farti sentire quella roba.»

«Come vi chiamavate?»

«Pikkia Froid.»

«Dài?»

«Giuro.»

«Come erano le canzoni?»

«La nostra hit era Mia madre si droga, per farti capire il livello. Poi c’era Il vento mi scompiglia le ascelle fa volare nell’aria il mio odore, una ballata amorosa ad alto livello intimistico.»

«Chissà come beccavi da cantante.»

«Assolutamente no, ero una cintura nera di nerdismo. È da quando faccio il poeta che le cose funzionano con le ragazze.»

«In effetti dici di essere diventato un sex symbol, no?»

«Certo che lo dico, lo sono! Bukowski affermava che se avesse saputo quanto scopano i poeti, non avrebbe iniziato a scrivere poesia a quarant’anni ma molto prima, ed è vero, il poeta cucca.»

«Ci credo che lo sei.»

«Non è vero che lo credi.»

«Giuro.»

«Quanto?»

«Così così.»

«Eh.»

Agata mi guarda con quel sorrisetto ironico-sensual-divertito che mi fa formicolate le piante dei piedi. Il vino scorre che è un piacere, le racconto dei primi reading, dopo lo scioglimento del gruppo, del primo libro pubblicato dalla casa editrice di un mio amico d’infanzia, casa editrice che si occupava e si occupa tutt’ora di robe farmaceutiche, racconto di quanto, anno dopo anno, le occasioni per leggere la mia roba in giro si siano moltiplicate fino a diventare un lavoro.



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